Il nuovo Consiglio Pastorale e le prospettive per la parrocchia

In questo mese di novembre, la Comunità è invitata a segnalare, attraverso le schede disponibili nella chiesa parrocchiale i nominativi di coloro che formeranno il Consiglio Pastorale per il triennio 2023/2026. Le schede, con la segnalazione di tre nominativi, dovranno essere riportate nella chiesa parrocchiale  e depositate nell’urna in legno, sistemata a destra del presbiterio, entro il 30 novembre.

Sono consapevole che in molti si domanderanno: a cosa servirà? Cosa potrà cambiare?

Un organismo come il Consiglio Pastorale, che è l’organo rappresentativo della Comunità, si formerà in una fase della Chiesa universale  dove la struttura della stessa pastorale si sta dissolvendo. Allo stesso tempo, non possiamo negare che la mancanza di fedeli, come del resto in tutte le Comunità, è ancora più grave della mancanza di sacerdoti!

Certamente un Consiglio Pastorale non è la soluzione dei problemi di una Comunità ma può contribuire in maniera significativa all’avvio di importanti processi di cambiamento. Avvio di processi quindi e non organizzazione di eventi!
Gli eventi che anche nella Chiesa assorbono importanti energie, sono come dei fuochi di paglia che non incidono nella crescita effettiva dei singoli e delle comunità. L’avvio di processi pensati, condivisi e, coraggiosamente attuati, trasformano gradualmente noi stessi e la realtà nella quale siamo chiamati a vivere e a operare.
Anche l’occupazione degli spazi, come ci suggerisce Papa Francesco, può essere fuorviante e illuderci che il vero cambiamento avviene a partire dalle strutture e non dalle persone,

Confrontandoci con i problemi di oggi quali la secolarizzazione, l’individualizzazione e la privatizzazione nel rapporto con la fede e la Chiesa siamo posti davanti a sfide importanti. Alla nostra parrocchia come a tante è chiesta una conversione pastorale a partire dalle relazioni: meno IO e più NOI. La fede cristiana infatti non è mai un fatto privato! Per sua natura, è legata alla comunità. Cosa faccio affinché la mia comunità possa rimanere viva?

Un autore ha suggerito che per la pastorale in Parrocchia possono essere di aiuto due figure femminili: Maria e Marta. Due sorelle che vivono con Gesù un rapporto di amicizia (cfr. Lc 10, 38-42). Maria simboleggia la capacità di non perdersi nella diversità dei compiti e di mantenere lo sguardo lucido su ciò che è necessario: Cristo e la sua Parola. Questo è il significato fondamentale che soggiace nella formazione di un importante organismo come il CPP.

La sintesi della figura di queste due donne potrebbe quindi essere questa: la riscoperta della Bibbia e l’amore per il prossimo. Questi due aspetti, declinati nella vita si esprimono attraverso la capacità di ascolto e di attenzione agli altri. La riscoperta della dimensione contemplativa della vita si traduce, coraggiosamente, nel primato e nell’importanza che hanno in se le relazioni. umane. Anche a questo riguardo, sono convinto che l’appuntamento del giovedì sera, caratterizzato dalla preghiera di ascolto la lectio divina struttura e plasma nel tempo il nostro modo di credere, vivere le relazioni e tradurre in gesti ciò che crediamo.

Nel racconti di Luca, Marta rappresenta la casa ben ordinata, pulita, accogliente, dove il quotidiano ha una sua regola e l’ospite è il benvenuto. Così dovrebbe essere la nostra parrocchia: ben attrezzata per la vita quotidiana e aperta al nuovo, alle persone che vogliono essere nostre ospiti. Gesù non rimprovera Marta per l’organizzazione della casa, anzi. La aiuta però a non perdere di vista la fonte del suo agire, a non perdere l’orientamento nei numerosi compiti. Oggi è importante prendersi cura della nostra parrocchia come di una casa ben ordinata, in particolare per quanto riguarda la stessa guida (il parroco, anche lui va aiutato e sostenuto con sincerità…) e collaboratori tutti. Il cambiamento strutturale è diventato evidente e deve essere affrontato con molta più determinazione e coraggio. Alcuni dettagli possono essere discussi, le procedure criticate ma non c’è modo di evitarlo: la nostra parrocchia avrà un futuro solo se c’è una comunità di persone – poco importa il numero – che se ne assume la responsabilità in prima persona. Trovo significative le parole del nostro vescovo padre Roberto nella sua ultima lettera pastorale ‘Granelli di senape e lievito nella pasta’: Non si tratta di contarci, ma di comprendere la fedeltà di quei pochi, la preghiera, la carità, la generosità che opera silenziosamente, come il lievito nella massa e il piccolo granello che cresce per poter ospitare molti uccelli tra i suoi rami. L’obiettivo finale non è portare molta gente agli incontri, ma far sì che i pochi o i molti siano generativi, audaci, generosi, sappiano contagiare al desiderio di conoscere Gesù e lasciarsi conoscere da Lui. Il Signore ci sta educando a fare nostra la pedagogia del piccolo seme.

Guardando i tanti piccoli semi in Parrocchia, non posso non rallegrarmi per un buon funzionamento del CAEP, dei diversi turni che curano il decoro e la pulizia della chiesa e degli ambienti, dei Ministri Straordinari, della Confraternita, del gruppo catechistico. Il coro parrocchiale, che sta conoscendo un momento importante a seguito della fusione di due gruppi in un unico gruppo, sta maturando sempre più nella consapevolezza che esso è a servizio dell’assemblea radunata per celebrare la fede. Tutti questi gruppi sono garanzia di futuro se il proprio essere (Maria) e fare (Marta) è grembo fecondo che genera vita nuova. Dove non si sperimenta fecondità vuol dire che il grembo è malato, e questa verità deve spingere tutti, all’interno della Chiesa, ad un serio esame di coscienza.

La nostra parrocchia sarà grembo vivo e fecondo quando al suo centro c’è un agire comune, una strada condivisa e non l’iniziativa straordinaria del singolo. Non il programma, né i compiti, ma le persone sono il fulcro di una sana cura pastorale.

Il primo compito del Consiglio Pastorale (ma anche di tutti i gruppi)  sarà quello di conoscere le persone e di permettere al maggior numero possibile di fedeli di sperimentare il comune servizio alla parrocchia e la bellezza di relazioni gratuite. L0impegno su questi due fronti sarà l’antidoto più efficace per contrastare quel senso di estraneità, diffidenza e sospetto, che la pandemia ha acuito.

San Paolo ha raccomandato con forza ai cristiani di Corinto: a ciascuno di noi sono stati dati dei talenti con i quali possiamo costruire la comunità e dare forma alla Chiesa. Nessuno è semplicemente un consumatore, perché ognuno ha un contributo da dare alla Chiesa. Pertanto, il compito più importante e urgente nel governo della parrocchia non è il programma, ma la persona, che aiutiamo affinché i suoi doni e talenti possano sbocciare per il bene della comunità.

E i ragazzi?

A questo riguardo penso spesso ai ragazzi che gravitano e abitano la nostra Parrocchia con le naturali tensioni che sono il segno evidente di una cultura ‘altra’ nella quale vivono.  I messaggi e le proposte che provengono dalla parrocchia devono fare i conti con l’esatto contrario di ciò che sperimentano nei loro ambienti quotidiani e molto spesso nelle loro famiglie. Se la Parrocchia lavora per far propri i connotati di Marta e Maria, i ragazzi troveranno quel senso profondo che cercano nelle tante esperienze che molto spesso li stordisce e li paralizza nell’azione.

Quale programma ci attende?

La cura per approfondire una sana spiritualità (coesistono infatti spiritualità malate!) e lo sforzo per una buona organizzazione non si contraddicono, ma sono reciprocamente dipendenti, proprio come le parole chiave “vicini” e “assieme” si completano e condizionano a vicenda.

La disponibilità a crescere ‘in profondità’ e l’impegno per concretizzare una vita da credenti aiuteranno a superare la sensazione di impotenza che oggi spesso ci paralizza. Vorrei quindi che queste due parole vicini e insieme, non fossero frasi di uno dei tanti programmi pastorali per il nuovo Consiglio Pastorale e per tutta la Comunità, ma un invito urgente a lavorare sulle fondamenta, senza le quali tutto il resto non può avere solidità e garanzia di futuro.

don Alessandro