Oggi in tutto il mondo si celebra «la giornata della memoria» in ricordo dello sterminio di 9 milioni di persone, fra le quali 6 milioni di Ebrei, perpetrata dalla follia nazista durante la seconda guerra mondiale.
Quest’anno ricorrono i 78 anni della liberazione dal nazifascismo. Una ricorrenza che enfatizza ancora di più il valore della miriade di iniziative legate al ricordo delle vittime dell’Olocausto.
Il 27 gennaio 1945 quando il campo di Auschwitz fu liberato dalle truppe sovietiche ebbe inizio il più triste capitolo che la storia contemporanea potesse raccontare, una vergogna umana che rimane ancora tutt’ora inspiegabile fino in fondo, perché così feroce e disumana.
Per questo il 27 gennaio deve far riflettere, ma soprattutto ricordare, per evitare ancora che errori simili possano macchiare l’etica delle nuove generazioni
Auschwitz, Mauthausen, Dachau, Treblinka, Sobibor, Buchenwald, Bergen Belsen, Majdanek. Questi centri di annientamento furono creati dalla Germania nazista durante la seconda guerra mondiale per attivare la cosiddetta soluzione finale del problema ebraico, che consisteva nell’uccisione di tutti gli ebrei d’Europa compresi nella sfera d’influenza politico-militare del Terzo Reich.
L’attività di annientamento dei campi di sterminio rappresentò la fase culminante e più tragica dell’Olocausto. «Non dimenticare», questo è lo slogan, due parole, semplici, facili da memorizzare. «Non dimenticare».
«Non dimenticare», e non dobbiamo dimenticare i morti: uomini, donne, bambini, vecchi, e non possiamo dimenticare chi ogni giorno fa finta che nulla sia successo, negando lo sterminio ebraico e le folli motivazioni che lo hanno provocato.
Fra alcuni anni i veri testimoni dell’olocausto non ci saranno più, toccherà quindi alle altre generazioni divulgare, informare e comunicare al mondo intero per far si che nessuno dimentichi per sempre.
Dopo la guerra, molti sopravvissuti all’Olocausto dovettero affrontare continue minacce di antisemitismo violento e di sfollamento mentre cercavano di costruirsi una nuova vita.
Coloro che non potevano o non volevano tornare alle loro case di prima della guerra spesso furono costretti a vivere in campi per sfollati. In questi campi, molte persone dovettero aspettare anni prima di poter trasferirsi e cominciare una nuova vita.
Con le cerimonie del Giorno della Memoria si vogliono commemorare le vittime dell’Olocausto nonché ricordare gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte e tutti coloro che, a rischio della propria vita, si sono opposti al progetto di sterminio ed hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.