Ecco le parole del ragazzo, che ha preferito rimanere anonimo e a cui segue la brillante risposta di un giovane un giovane insegnante
“Cara scuola,
Oggi scrivo a te, che mi hai rifiutato… per dirti tutto quello che penso… per liberarmene, perché mi mangia dall’interno, e per quanto sia sconvolto, triste ed arrabbiato, so che questo è un male.
Poi… Giuro, butto questa maledetta penna e non scrivo mai più, basta racconti, basta poesie, basta saggi e argomentazioni, che ovviamente paiono belli solo a me! Basta sperare inutilmente!
Io ci ho provato, sai? Tu forse non te ne sei accorta, così presa com’eri a giudicarmi, misurarmi, valutarmi, numerarmi, da dimenticarti totalmente di conoscermi, ascoltarmi, comprendermi!
Sono entrato qua dentro pieno di curiosità ed entusiasmo, avevo voglia di imparare cose nuove, conoscere e comprendere, lo giuro! Mai nemmeno nei miei peggiori incubi avrei potuto immaginare quello che poi è capitato.
Il trauma dell’isolamento, la difficoltà a rientrare e riabituarmi a un modo di stare insieme, che non mi apparteneva più. E tu, che dovevi essere il mio faro nel buio, il mio punto di riferimento? Tu hai negato il mio smarrimento, mi hai fatto sentire sbagliato e inadeguato nel mio dolore, non era più colpa del trauma, ma era colpa mia che non sapevo fingere che non fosse successo niente, che non riuscivo ad andare avanti, non abbastanza concentrato, non abbastanza performante per te! E allora nella tua brutale indifferenza hai semplicemente deciso di lasciarmi indietro! Inutile perdere tempo con me, sono rotto non funziono più, non almeno come vuoi tu!
Cosa ne puoi sapere tu, del macigno che mi è piombato sul cuore quando alla fine del trimestre i miei suggerimenti di recupero scritti nero su bianco sono: ‘studio individuale’… Studio individuale??? Ma che speranza ho di farcela da solo, se non ci sono riuscito nemmeno con il professore? E quando provi a chiedere perché non ci sia un corso di recupero la risposta ti ferisce come una coltellata al cuore: ‘Non ci sono i numeri per organizzare un corso di recupero’.
Numeri? Noi non siamo numeri!!! Io non sono un numero! Perché alla fine secondo me il problema si riduce semplicemente a questo, tu hai dimenticato il tuo ruolo, che non è quello di selezionare esseri umani, ma quello di formarli.
È facile pensare che sia solo colpa mia, vero? Ma una coscienza ce l’hai? Io mi prendo le mie responsabilità, perdo un altro anno perché non mi sono impegnato abbastanza! Ma forse è arrivato il momento che anche tu ti prenda la tua, hai perso un altro studente perché hai perso di vista il tuo ruolo.
Cara scuola, sei riuscita a fare spegnere nel mio cuore il desiderio di imparare, mi hai fatto sentire sbagliato, mi hai brutalmente giudicato e non hai saputo tendermi una mano quando ti chiedevo aiuto.
Io ti accuso, lo faccio qui pubblicamente e ti prego di fare una seria riconsiderazione su quello che è il tuo ruolo, stai distruggendo un’intera generazione.
Vergogna.
Io sono l’emblema del TUO fallimento.
L’ennesima occasione persa!”.
segue firma
Un giovane docente di scuola primaria, 28 anni, scrive in risposta al ragazzo, provando a ricucire il rapporto tra lui e la scuola. Ecco il testo integrale del suo messaggio:
“Caro ragazzo,
hai scritto alla Scuola e la Scuola, ora, ti risponde. O, perlomeno, ci prova. È inutile girarci intorno: hai ragione. Potrei star qui e farti riflettere su quanto sia importante studiare, sull’importanza di crearsi un futuro, sulla necessità di trovare e coltivare delle passioni. Potrei farlo ma non lo farò, perché credo che siano tutte cose che tu ben sai e poi, in questo momento, sei troppo arrabbiato ed esasperato per comprendere fino in fondo le mie parole.
Anzi, ti dirò, hai ragione nel dire che la scuola ha fallito ma non fallisce perché ti ha bocciato ma perché non ti ha compreso fino in fondo, perché non ha compreso le tue attitudini e le tue inclinazioni. Hai scritto che butterai ‘questa maledetta penna’ e che non scriverai mai più. Hai scritto ‘basta racconti, basta poesie, basta saggi e argomentazioni, che ovviamente paiono belli solo a me! Basta sperare inutilmente!’: non cadere in questa gigantesca trappola, in questo clamoroso inganno… Perché lo sai chi è che ci rimetterà? Non tu, non la scuola… Tutte le persone che incontrerai nella tua vita e che avranno bisogno del tuo senso critico, del tuo senso estetico, della tua capacità di ascoltare, comprendere ed elaborare risposte significative.
E lo sai perché ti dico questo? Per risponderti devo dirti chi sono: il mio nome è Federico e ho 28 anni. Quando andavo al liceo, ai temi, prendevo sempre 5 e mezzo o 6 meno meno, perché a dire della professoressa ero troppo retorico nello scrivere. Da premettere che, fin da piccolo, scrivevo poesie, racconti e tanto altro. Quando arriva il tema della maturità mi trovo davanti una traccia sul concetto di ‘dono’: do il massimo, come sempre, nonostante le critiche della prof. A quel tema, forse il più importante della vita di uno studente, prendo 15/15. E a correggerlo è stato un prof del classico, membro esterno della commissione d’esame. Ho maledetto per tanto tempo quel voto… Sai perché? Perché mi è valso una ‘denuncia’ al presidente di commissione fatta dai membri interni (ovvero dai miei prof, quelli che avrebbero dovuto conoscermi bene): a detta loro, il tema era troppo perfetto per i miei standard, per me che ‘non ero capace di mettere due parole in croce di senso compiuto’ e che, quindi, per loro era copiato. Ovviamente il tema non era copiato… Ma sai a cosa è servito questo episodio? Io oggi, a distanza di quasi 10 anni da quei momenti, insegno in una scuola elementare. Mi sono laureato, ho vinto il concorso e ora sono docente di ruolo. A soli 28 anni… Un traguardo importante per chi ‘non sa mettere due parole in croce di senso compiuto’.
Non passa giorno davanti ai miei piccoli alunni che io non ricordi a me stesso queste parole. E sai perché? Per dimostrare a tutti che sono false, che sono una bugia. Se io mi fossi convinto che quelle parole fossero vere, sarei piombato, come te ora, in una profonda crisi e non avrei mai e poi mai scoperto il fine ultimo della mia esistenza: essere casa per chi si sente escluso, abbandonato, senza prospettive. Anche con me la scuola ha fallito, pensando che io fossi quel 5 e mezzo a italiano, quel 4 a fisica o quel 3 a matematica. E quando ai ragazzi di quinta elementare che avevo lo scorso anno portai le mie pagelle, loro si misero a ridere… Non per prendermi in giro ma perché sapevano che io ero molto di più di quei numeri. Loro amano me e io amo loro, come amo (e vengo amato) dai piccoli di prima elementare che ho ora.
Caro ragazzo, la scuola ha fallito ma tu non sei l’emblema del suo fallimento…anzi, sei l’occasione giusta per mettere davanti ai suoi errori quella scuola che tanto ti ha deluso. Magari chissà, tra qualche anno saremo colleghi e cercheremo di cambiare insieme la scuola. Impresa impossibile, molto più difficile di andare sulla luna in mongolfiera.
L’importante, però, è che tu non gliela dia vinta. Ti auguro di trovare, in questa rabbia, la forza che ti possa spingere fino alle stelle. Ricordati: potrai fallire mille volte, forse anche di più, ma non sarai mai un fallimento”.
Federico