Nell’incontro con i genitori de gruppi delle medie, in previsione dell’avvio con tutti i gruppi, è stata condivisa una generale situazione di profonda incertezza che destabilizza, anche in quei percorsi educativi ecclesiali che risentono maggiormente di questa situazione di fragilità.
La catechesi, ancora legata a forme dottrinali scolastiche e sacramentali, impedisce di fatto la scoperta del vangelo nella sua provocante e attuale freschezza. Il Vangelo, o parla concretamente alla vita (cambiandola), oppure resta muto! Nella catechesi, sovente, parlano tante cose, anche una variegata e ricercata estrosità nei metodi, ma il vangelo, purtroppo rimane muto!
Se poi pensiamo al divario esistente tra parrocchia e famiglia nel delicato compito di educazione alla fede (e non alla religione), a motivo di una delega in toto alla Parrocchia, i risultati non possono che essere mortificanti. Credo sia importante partire da un attento ascolto della realtà di oggi e agire di conseguenza.
Era 10 novembre 2015, quando papa Francesco in un coraggioso intervento a Firenze, definiva il momento che stiamo vivendo come un ‘cambiamento d’epoca’. Assistiamo infatti a profonde e irreversibili trasformazioni della società e della Chiesa: “Quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento d’epoca. Siamo, dunque, in uno di quei momenti nei quali i cambiamenti non sono più lineari, bensì epocali; costituiscono delle scelte che trasformano il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane di comprendere e di vivere la fede e la scienza” (Papa Francesco).
Questa non è una bella frase di cui riempirsi la bocca, ma un tema cruciale da tenere presente per leggere e interpretare la realtà, specialmente in relazione all’annuncio del vangelo nella catechesi. Noi (preti, catechisti e operatori pastorali a vario titolo) di fatto abbiamo paura dei cambiamenti, in particolare nella catechesi. Sappiamo bene che, un cambiamento, inevitabilmente porterà la Chiesa ad essere socialmente meno rilevante e la componente numerica sarà destinata a ridursi.
Ci sentiamo ancora in ostaggio a vecchi schemi del passato e non riusciamo ad attivare quel rinnovamento che lo Spirito (e anche la società) oggi sta chiedendo alla Chiesa.
In gioco c’è l’obbedienza a Dio e l’obbedienza all’uomo. Non dimentichiamo che, quanto auspicato dal RdC al n 160, pubblicato oltre cinquant’ anni fa, continua ancora a essere valido ma per certi disatteso: la fedeltà a Dio passa attraverso un’autentica fedeltà all’uomo.
Il cambiamento che il mondo ha subito e sta subendo, non è solo di superfice, ma è sostanziale. Non sono solo aumentati i beni e le possibilità che abbiamo, sono cambiate le modalità e il senso con cui ci rapportiamo al mondo, alla natura, alle persone, agli animali…
Il nostro modo di essere sulla terra è nuovo e differente.
Un esempio: la parola vecchiaia è stata bandita dal nostro vocabolario (è diventata una parola tabù!) ma tutti sono sempre giovani, col rischio che nessuno diventi maturo. E i cristiani non possono fare finta di niente, sperare che tutto torni magicamente come prima, o peggio ancora lottare contro il tempo e la realtà.