Il Natale che celebriamo quest’anno ci trova in stato di guerra, in una situazione in cui si distrugge, si uccide, si muore. Sentiamo il pericolo bussare alle porte di tutta l’umanità: le conseguenze dei conflitti ci raggiungeranno. Eppure il Signore Gesù nasce ancora una volta per noi. Come può il Creatore incarnarsi in un mondo tanto povero di umanità? Perché ha fatto sua la nostra carne corruttibile, il nostro peccato, fino allo scandalo della croce? Non c’è altra risposta se non nella contemplazione di un Dio che per amore si fa bambino. Per il credente Gesù è il Figlio di Dio, è la rivelazione del volto del Padre: l’Onnipotente diviene un neonato bisognoso di cure.
Questa strada scelta da Gesù per entrare nella storia rivela la natura dell’amore del Padre per l’uomo; un amore che è condivisione, partecipazione, comunione, dono. Questo rivela l’onnipotenza di Dio: Egli parla attraverso la debolezza, dice che è una potenza infinita. Solo Dio onnipotente è in grado di parlare attraverso il linguaggio della debolezza. Tale linguaggio è la condizione per raggiungere l’uomo dal basso. Dio si mette al nostro livello, e dal nostro livello ci rialza, ci fa diversi; ci fa partecipi della sua pienezza. Se il Signore si è fatto fragile come tutti, il nostro vivere e il nostro soffrire, acquistano un senso nuovo.
C’è luce e gioia nella vita dell’uomo: c’è il bene divino, c’è la vita stessa di Dio, c’è l’illuminazione dall’alto. Nonostante la vita degli uomini sia attraversata dalle tenebre dell’egoismo e dell’ipocrisia, la Parola di Dio è per noi una grande speranza. Gli orrori, le violenze, le guerre non sono l’ultima parola nella storia dell’umanità. Il Verbo che ha posto la sua tenda in mezzo a noi è Presenza donata per sempre dal Padre, e sarà con noi “fino alla fine del mondo”.
“Ma i suoi non l’hanno accolto”, perché gli occhi degli uomini sono rivolti altrove. Il Natale però torna ad interrogarci sulla nostra disponibilità all’accoglienza qui ed ora. Se apriamo il nostro cuore, vivendo da figli di Dio, fratelli di Gesù e in Lui fratelli dell’umanità intera, il Natale diventa la celebrazione della fraternità.
Come sarà il nostro prossimo Natale? Bonhœffer ci illumina: “Dio non si vergogna di ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono “perduto”, lì egli dice “salvato”. Dove gli uomini distolgono con indifferenza il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente. Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e a Dio, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima, lì egli vuole irrompere nella nostra vita, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore”.
Non possiamo vivere senza Dio. La natura umana è fatta così. Per quanto possiamo far finta di non sentire, ogni cellula del nostro essere, come impregnata di celeste nostalgia, lo attesta e lo grida.