In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo» (…).
La Quaresima ci sorprende: la subiamo come un tempo penitenziale, mortificante, e invece ci spiazza con questo vangelo vivificante, pieno di sole e di luce. Dal deserto di pietre (prima domenica) al monte della luce (seconda domenica); da polvere e cenere, ai volti vestiti di sole. Per dire a tutti noi: coraggio, il deserto non vincerà, ce la faremo, troveremo il bandolo della matassa. Gesù prese con sé tre discepoli e salì su di un alto monte. I monti sono come indici puntati verso il mistero e le profondità del cosmo, raccontano che la vita è ascensione, con dentro una fame di verticalità, come se fosse incalzata o aspirata da una forza di gravità celeste: e là si trasfigurò davanti a loro, il suo volto brillò come il sole e le vesti come la luce. Tutto si illumina: le vesti di Gesù, le mani, il volto sono la trascrizione del cuore di Dio. I tre guardano, si emozionano, sono storditi: davanti a loro si è aperta la rivelazione stupenda di un Dio luminoso, bello, solare. Un Dio da godere, finalmente, un Dio da stupirsene. E che in ogni figlio ha seminato la sua grande bellezza.
Che bello qui, non andiamo via… lo stupore di Pietro nasce dalla sorpresa di chi ha potuto sbirciare per un attimo dentro il Regno e non lo dimenticherà più. Vorrei per me la fede di ripetere queste parole: è bello stare qui, su questa terra, su questo pianeta minuscolo e bellissimo; è bello starci in questo nostro tempo, che è unico e pieno di potenzialità. È bello essere creature: non è la tristezza, non è la delusione la nostra verità.
San Paolo nella seconda lettura consegna a Timoteo una frase straordinaria: Cristo è venuto ed ha fatto risplendere la vita. È venuto nella vita, la mia e del mondo, e non se n’è più andato. È venuto come luce nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno vinta (Gv 1,5). In lui abitava la vita e la vita era la luce degli uomini (Gv 1,4), la vita era la prima Parola di Dio, bibbia scritta prima della bibbia scritta.
Allora perdonate «se non sono del tutto e sempre / innamorata del mondo, della vita / sedotta e vinta dalla rivelazione / d’esserci d’ogni cosa (….)/ Questo più d’ogni altra cosa perdonate / la mia disattenzione» (Mariangela Gualtieri). A tutte le meraviglie quotidiane. La condizione definitiva non è monte, c’è un cammino da percorrere, talvolta un deserto, certamente una pianura alla quale ritornare. Dalla nube viene una voce che traccia la strada: «questi è il figlio mio, l’amato. Ascoltatelo”. I tre sono saliti per vedere e sono rimandati all’ascolto. La voce del Padre si spegne e diventa volto, il volto di Gesù, «che brillò come il sole». Ma una goccia della sua luce è nascosta nel cuore vivo di tutte le cose.
Letture: Genesi 12, 1-4; Salmo 32; 2 Timoteo 1, 8-10; Matteo 17, 1-9
Ermes Ronchi
Avvenire
Gli specialisti dei vangeli sinottici hanno sottolineato il parallelismo che si percepisce tra questo racconto e quello della consegna a Mosè delle tavole della Legge sul Sinai (Es 24 e 34). Già lo avevano dimostrato gli studi di W. D. Davies e D. C. Allison, così come quelli di R. Pesch sul vangelo di Marco. Vediamo in particolare: “sei giorni dopo” (Mt 17,1=Es 24,1); “monte” (Mt 17,1=Es 24,12.15-18; 34,3); gruppo scelto (Mt 17,1=Es 24,1); “volto brillante” (Mt 17,2=Es 34, 29-35); “nube luminosa” (Mt 17,5=Es 24, 15-18; 34,5); voce uscita dalla nube (Mt 17,5=Es 24,16); timore dei presenti (Mt 17,6=Es 34, 29-30) (W. Carter. Cf. U. Luz). Sono troppe le coincidenze per pensare che ci troviamo di fronte ad una coincidenza meramente occasionale.
Si tratta di due racconti paralleli, ma con messaggi religiosi diversi e persino contrapposti. Sul monte Sinai si rivela un Dio che impressiona, che impone obblighi, minaccia e spaventa la povera gente che sta di fronte ad un simile spettacolo, che è (in ogni caso) uno spettacolo terribile. Sul monte della trasfigurazione si rivela un Dio che elimina la paura, che si separa da Mosè e da Elia, che non infonde terrore, ma pace. E che termina parlando di resurrezione, cioè di una vita senza alcun limite. Ossia, il Dio del Sinai è il Dio delle imposizioni e delle minacce. Il Dio della trasfigurazione è il Dio della vicinanza, della vita e della speranza.
La voce del cielo dice riferendosi a Gesù: “Ascoltatelo”. Cosa bisogna ascoltare? Quello che poco prima Pietro aveva rifiutato: l’annuncio della passione e della morte. Il Dio di Gesù, così come lo stesso Gesù, è il Dio che nella vita lotta contro la paura dei vigliacchi, contro il potere che sottomette, spaventa ed opprime, anche se questo si fa in nome di Dio. Quando la vita si orienta in questo modo, la fine della vita può essere molto simile alla fine della vita di Gesù. Ma in definitiva questo ci trasfigura, cioè questo dà alla nostra vita lo stesso senso della vita che ha condotto Gesù. Quando cambia la nostra idea di Dio, cambia la nostra vita. Si conferma quello che già lo stesso Matteo aveva insegnato nel Sermone della montagna: ogni credente è a seconda di come è il Dio nel quale crede.
p. José María Castillo
Il dialogo