VI domenica di Pasqua. Festa di Santa Maria di Zuradili; commento al Vangelo

Letture:
Atti degli Apostoli 10,25-27.34-35.44-48; Salmo 97;
Prima Lettera di Giovanni 4,7-10; Giovanni 15,9-17

Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Il brano evangelico di questa VI domenica di Pasqua, tratto dai discorsi discorsi di addio del vangelo di Giovanni, ci fa ascoltare delicatissime parole di Gesù, prima della sua Pasqua. Le categorie alle quali Gesù fa riferimento, appartengono alla nostra esperienza umana più alta: parole come amicizia, amore, gioia, vita piena, frutti, sono espressi con una tenerezza quasi materna.
Quando si avvicina la morte e si guarda con speranza cristiana e in modo lucido e consapevole il compimento della propria vita, emergono dal cuore dell’uomo parole di benedizione e di eternità, di pace e di speranza.

Credo che in questa pagina, che ascolteremo provvidenzialmente il giorno della nostra festa di Santa Maria di Zuradili, sia racchiuso un forte messaggio di Dio per la nostra Comunità di Marrubiu e di Sant’Anna. Parole che potremo fare nostre e scambiarcele come espressioni di sincero augurio, gli uni per gli altri.

La nostra fragile umanità ci porta a fare esperienza opposta di amore, fraternità e figliolanza e celebrare ogni anno questa festa, nel luogo in cui è prevalsa la distruzione e la morte, ci stimola a credere nella forza rigeneratrice di ogni cambiamento possibile.
Non siamo condannati alla sterilità e all’inimicizia ma ad una vita nuova che non viene da noi…Per i nostri progenitori il cambiamento si è realizzato attraverso il coraggio di un vero e proprio ‘esodo’. La storia di Zuradili racconta di una storia e di una vocazione di un popolo, ad una vita più alta e più vera che rinasce dal coraggio di saper morire…

Che cosa chiede oggi Dio con questa festa, alla nostra Comunità? forse la ripetizione di riti riti astrusi, l’adesione ad una dottrina filosofica complicata, la perfetta e rigida obbedienza a una religione? la ripetizione di una tradizione?
Il Dio Risorto, il Rabbi che aveva camminato per le strade di Palestina e si era imbarcato sulle onde del lago, che aveva pescato e salito monti per poter meglio abbracciare con lo sguardo e consolare quella folla di straccioni che lo seguiva, oggi ci ripete parole tenere, di una tenerezza appassionata: «Restate con me, restate in me, amici miei…». La richiesta di Gesù è quella di imparare ad amare Dio da innamorati e non da servi, di non fuggire lontano dall’amore, Lui vuole una vicinanza da amanti: «Amore io voglio, non sacrifici» (Os. 6,6). «Rimanete nel mio amore»: perché l’amore, quando lo trovi, lo senti che non è solo un’emozione, uno stato d’animo, ma diventa un luogo, uan persona concreta, un posto dove stare e sistemarsi. L’amore si fa casa, capanna, nido, relazione.

Nell’amore si entra e si sta, perché si sta troppo bene. E si sta con quella “gioia piena” degli uccellini nel nido: al sicuro, protetti, fra ali calde in cui accucciarsi. Gli amici di Gesù, gli apostoli , considerati non come dei ‘collaboratori pastorali’ per la realizzazione di un progetto, ma semplicemente e meravigliosamente “amici”.
Proprio loro, che lo avevano tradito, che erano scappati, che lo avevano rinnegato, proprio loro come noi. «Amici che ci fanno sentire amati senza un perché. Che hanno quella dote speciale di farci sorridere. Che sanno tutto di noi e sanno il segreto delle piccole cose che ci fanno felici. Che anche quando non sono d’accordo restano con noi. Che perdonano ancor prima delle scuse» (J. Tolentino Mendoça).

Noi amici Suoi, amici di un Dio che chiede amore e chiede di dare amore «gli uni gli altri»: non astrattamente, non solo la domenica, ma uno per uno, negli incontri della vita di ogni giorno. Uno ad uno, quelli che troviamo sulla nostra strada: nei mille frammenti delle nostre giornate, nel groviglio delle nostre relazioni è lì che si nasconde la domanda di Dio.

Sia questo l’augurio da poterci scambiare in questa nostra festa per poter celebrare una vita che, orientata verso il suo pieno compimento, si rinnova di giorno in giorno facendoci assaporare una “gioia piena”.

don Alessandro