XXVII domenica del Tempo Ordinario; commento al Vangelo

Letture:
Genesi 2,18-24; Salmo 127; Lettera agli Ebrei 2,9-11;
Marco 10,2-16

n quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

E se invece avessimo un cuore tenero? Se il nostro cuore non fosse diventato un pezzo di pietra nel petto che non batte, non sussulta, non sobbalza, non si stupisce più davanti alla meraviglia del creato e al mistero dell’altro? Se non avessimo bisogno di leggi e norme che ci impongano il rispetto e la difesa della dignità, il tremore
dinanzi alla diversità, l’attenzione e la cura verso chi è nostro compagno di cammino? Se fossimo cioè rimasti come Dio ci ha desiderato quando, impastandoci col fango e soffiando su di noi, ci ha resi vivi e amanti? Dio non impone leggi, Lui mette nel nostro cuore un pezzetto del suo cuore che sogna amore e vita ovunque e che, come un artista visionario, vede straripare la bellezza dai fili d’erba, la forza dalla gemma sull’albero, la potenza dallo scorrere dei ruscelli. Vede la possibilità che portiamo racchiusa come un tesoro nascosto e profondo: il nostro cuore tenero. L’amore non si esige con la legge, vorrebbe dire snaturarlo, sciuparlo, denigrarlo: l’amore chiede una tenerezza di cuore che significa apertura, capacità di commuoversi e brividi di stupore. Come potrebbe Gesù parlarci di un Dio attento alle norme, proprio Lui che guarisce di sabato, che mangia coi peccatori e le prostitute, che si ferma a parlare con donne straniere e sconosciute? Lui che nel suo cammino ha strappato legacci e divelto sbarre di prigioni: «Chi è senza peccato scagli pure la prima pietra… Stasera, Zaccheo, vengo a cena da te…». Lui che è venuto per restituirci la libertà. Continua, il brano di Vangelo, con una scena che sembra piovere là per caso, ma forse tanto a caso non è: quei bambini che non stanno mai fermi, che toccano, annusano curiosi, che si incantano sulle piccole cose sono forse l’esempio della tenerezza di cuore che Dio ci chiede. Quei bambini che spalancano gli occhi e la bocca per ascoltare, pronti a mettere la loro mano nella tua per seguirti fiduciosi, senza domande, senza precauzioni, solo perché da te si sentono amati e accuditi, che cantano come cicale d’estate, si prendono tutto l’abbraccio di Dio. Portati in alto dalle Sue braccia, sollevati da terra per guardarlo negli occhi e ridere con Lui: sarà forse questo il Suo regno?

Luigi Verdi