Le testimonianze/risonanze che seguono, a seguito di un evento importante, tutto speciale, vissuto sabato scorso, in occasione della benedizione del nuovo campanile a vela ristrutturato e dotato di una nuova campana, è stato un momento di grazia e benedizione.
Un fortissimo vento ha creato non poca preoccupazione suscitando forti perplessità tra i presenti. La presenza dei bambini e dei ragazzi ha rallegrato tutti.
Ad un certo punto il vento si è fermato a con forti timori che arrivasse la pioggia, ma grazie a Dio, abbiamo portato a conclusione la serata con grande soddisfazione di tutti in presenti.
Un sentito GRAZIE a tutto il Comitato della Leva 1973 per aver reso possibile questo evento che rimarrà certamente memorabile nella storia della nostra Comunità.
Grazie per la sovrabbondanza di un abbondante rinfresco che ha rallegrato i presenti.
La campana ha suonato, il vento ha soffiato forte, lo Spirito ha parlato segretamente nei cuori e l’intercessione di Santa Maria di Zuradili ha riacceso la speranza.
Due ceri all’interno della chiesa, sono rimasti accesi tutta la notte, a prolungare la preghiera di una Comunità che ha ripreso un ‘nuovo inizio’ e desidera camminare e crescere con la certezza che Dio in Gesù, è presente in mezzo a noi!
E’ doveroso, da parte mia e del Consiglio per gli Affari Economici della Parrocchia riassumere nel dettaglio i costi sostenuti:
costo campane:
euro 2513,
spese di progettazione e onorario architetto
euro 634,40
spese impresa
euro 2815,
costi Suape e vari
euro 274,00
Costo complessivo sostenuto dal Comitato Leva 1973
euro 5000,00 donazione del Comitato, più euro 1266 integrati dalla Parrocchia.
don Alessandro
Sabato 26 ottobre a ZURADILI c’è stata l’inaugurazione della campana della chiesa riconosciuta come “cappella insigne” accompagnata dall’inizio del nuovo anno pastorale della parrocchia.
E’ stato bello e commovente assistere alla celebrazione eucaristica animata dai ragazzi. La figura di Bartimeo, descritta nel Vangelo, ci ha invitato a riflettere sulla ricerca della luce, quella che proviene dal cuore, e’ solo quella che ha il potere di guarire da tutte le cose negative che ci portiamo dentro e ci fanno essere persone lontane dalla luce e dalla fede.
Il suono della campana può essere inteso come il suono del risveglio per ciascuno di noi. Per il nostro gruppo, in quel suono erano racchiusi anche tutti i nostri sentimenti: gioia, felicità, amicizia, condivisione, unità, gratitudine…. Grazie a don Alessandro che dimostra sempre fiducia e gratitudine in noi e grazie a tutta la comunità Marrubiese che ci ha sempre sostenuto nella nostra bellissima esperienza…
Maria Antonietta e tutta la Leva del 1973
Ogni campana…
Ogni campana, da secoli in ogni consorzio o agglomerato umano ha saputo inviare messaggi, o chattare, secondo un termine attuale. Avvisava la popolazione in caso di alluvioni incendi segnali di guerre o altre sciagure o eventi di feste.
Stasera a Zuradili la campana ha suonato a festa, con timbro nuovo dolce melodico e non stonato.
La visione più festosa, in una panoramica semplice e gioiosa, durante la celebrazione della messa festiva domenicale di ringraziamento, è stata la presenza di numerosissimi bambine bambini, ragazze ragazzi con i propri genitori. Un vero segnale di speranza per il futuro di Marrubiu.
Credo che il nostro Sindaco Luca, presente in mezzo ai suoi concittadini, abbia pensato di essere al posto giusto nel tempo giusto. “Ho una comunità giovane da guidare e che mi guiderà per il tempo che mi è dato”, e noi lo aiuteremo in questo.
Stesso discorso per don Alessandro, pastore della parrocchia di Marrubiu già da diversi anni. Per lui poi i “giovani” sono le sue pupille con le quali guarda al domani cosa inventare per predicare ed elaborare progetti che attualizzino il presente della parola divina, mai del passato ma dell’adesso che sprigiona futuro.
L’assemblea, famiglie di genitori e figli, di giovani e anziani, ha seguito la celebrazione con raccoglimento.
Si temeva la pioggia, invocata da tempo per la nostra arida terra…
Un vento impetuoso non è mancato, sconvolgendo lontano nuvole bianche che sembravano fare da cupola agli alberi che segnano i confini del piazzale antistante la chiesetta. Segno di una antica secolare civiltà. Il vento ha attirato anche l’attenzione di don Alessandro. Che, ad un certo momento, ha invitato l’assemblea a fare silenzio: ” Sentito? è come la voce di Dio”. Suggestivo…pur pensando ai venti di guerra che gridano da oriente ad occidente, che ci richiamano ad una fratellanza comune, che ci invitano ad implorare per tutti la protezione divina,
mentre torna spontaneo e non contraddittorio cantare: Voi tutte, opere del Signore, benedite il Signore.
uno sprovveduto osservatore
La comunità di Marrubiu è chiamata nuovamente in questo luogo, Zuradili, dove ha avuto inizio la nostra storia comunitaria e nel quale l’amore e la misericordia del Signore si sono rivelati, per intercessione della nostra adorata Madre, Maria.
Siamo qui riuniti per iniziare un nuovo cammino di condivisione nel segno della fede in questo anno pastorale, che si apre con le parole pronunciate da Gesù nell’ultima cena “Fate questo in memoria di me”, memoriale di ogni eucaristia.
Oggi il Signore ci parla non solo attraverso le scritture, ma anche attraverso dei segni che rendono concrete e visibili le sue parole e che toccano la nostra umanità.
CAMPANE
Le campane suonano! Sono la voce di Dio che ci chiama, che ci viene a cercare ogni giorno, in qualsiasi condizione noi ci troviamo, sostiene il nostro cammino e percorre la strada con noi.
Infatti da secoli le campane scandiscono il tempo e i momenti della preghiera. Accompagnano i momenti centrali della vita di ciascuno, segnalando gli eventi lieti o tristi per la comunità e per i suoi singoli membri e dando un senso di appartenenza che ci ricorda che formiamo una sola famiglia unita in Cristo.
Oggi anche da questa chiesa, luogo d’origine della nostra comunità cristiana, potremo sentire il suono delle campane che riempie il nostro cuore e la nostra mente della certezza che Dio non è un Signore lontano, ma è al nostro fianco ci chiama e desidera stare con noi.
I rintocchi delle campane non si fermano davanti alle nostre fragilità, ai nostri limiti, alle barriere del nostro cuore, ma ostinati continuano a tenere viva la chiamata del Signore Gesù: magari qualcuno, come Bartimeo, sente la chiamata e dopo tanto tempo o magari per la prima volta, decide di accettare l’invito e aprirsi a Lui con fiducia.
MANTELLO
Bartimeo è cieco, è solo, è mendicante, ha soltanto un mantello.
Cos’è un mantello? Ai tempi di Gesù il mantello rappresentava un ruolo sociale. Esso poteva essere di porpora a rappresentare il potere del Re, oppure di stoffa grezza, rozzo e maleodorante nel caso di un mendicante come Bartimeo. Per Bartimeo, cieco, povero e mendicante rappresenta tutto: casa, riparo, coperta per la notte, protezione, insomma ogni certezza e sicurezza.
Gesù passa, sente le sue grida disperate, si ferma, lo chiama.. “ Coraggio Bartimeo alzati”. Bartimeo balza in piedi, getta via il mantello e corre da Gesù. Nel momento in cui Gesù si ferma, Bartimeo è già guarito, si sente riconosciuto, visto, ascoltato.
Ancora cieco, crede alle parole di Gesù, si fida e si affida a Lui, abbandona ogni sua sicurezza, ogni sua certezza perché sente che non gli servono più. La sua vita è già cambiata, è già trasformata; lui è diventato un discepolo..
Anche noi spesso ci aggrappiamo a false certezze e sicurezze che invece di farci stare bene ci paralizzano, rallentano e ostacolano il cammino. Spesso accecati dalla paura, dalle nostre insicurezze, dalla pigrizia del quotidiano, da momenti di sconforto, chiusi nei nostri egoismi preferiamo restare immobili nelle nostre strade a mendicare un po’ di vita nella speranza che prima o poi tutto si aggiusti da solo. Che bello se anche noi avessimo lo stesso coraggio di Bartimeo di liberarci delle nostre zavorre, di buttare via i pesanti mantelli delle nostre false sicurezze, potremmo balzare in piedi e gridare a Gesù quello che ci sta veramente a cuore e il nostro desiderio di guarigione.
CECITA’
Chi è cieco è immerso nel buio e stare al buio, fa paura, terrorizza.
Chi è cieco non vede mai la luce, i colori, le forme, la bellezza di un volto, di un paesaggio sconfinato, di un cielo azzurro, di una distesa d’acqua limpida e trasparente. Non vede quanta bellezza c’è nel mondo! E’ vero che può gustare il mondo anche con gli altri sensi. Ma rimane comunque immerso nelle tenebre e nell’oscurità.
Bartimeo è cieco, solo e povero, ha dovuto affinare l’udito per capire cosa gli succede intorno, ma è assetato di luce.
C’è qualcosa di peggio però della cecità degli occhi: è la cecità del cuore quando i nostri egoismi, i nostri modi di pensare, le nostre arroganze, invidie e gelosie, le nostre chiusure ci fanno vivere ripiegati su noi stessi, al bordo della strada, senza speranza immersi in una totale oscurità. Bartimeo è cieco, ma il suo cuore ci vede benissimo tanto che non si rassegna alla sua condizione, ma grida il suo dolore, grida il suo desiderio di uscire dalle tenebre, di cambiare vita, anche a costo di lasciare tutto quello che possiede.
Ciechi purtroppo lo siamo un po’ tutti, non tanto dal punto di vista fisico, ma soprattutto perché non vogliamo vedere tante cose dentro la nostra vita o perché siamo superficiali, distratti e auto-centrati. Come tanti annaspiamo nel buio e di fronte ai bisogni degli altri voltiamo le spalle.
Quante volte non riusciamo a “vedere” Dio nella nostra vita e smarriti, infelici e delusi impediamo anche agli altri di incontrare Gesù. Come Bartimeo, davanti alle fatiche, alle tenebre, alle oscurità, agli ostacoli e al buio della vita, dovremmo desiderare e bramare la bellezza della luce che ci manca.
Dovremmo aggrapparci a quel desiderio di bene, di gioia e di vita, che è dentro di noi e che risuona ancora più forte proprio quando siamo nella prova e nella sofferenza. Un grido di speranza che spezza le tenebre del dolore e della fatica. E’ un urlo che richiama lo sguardo d’amore di Gesù che spezza il buio nella notte.
“FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME“
Sarà l’icona biblica che ci accompagnerà e ci guiderà in questo nuovo anno pastorale. Questa piccola frase è contenuta nel Vangelo di Luca 22,19 e viene pronunciata da Gesù nel giovedì santo durante l’ultima cena. Viene ripetuta ad ogni Eucaristia e racchiude tutto il testamento di Gesù che vuole insegnarci: l’amore.
Mentre la mentalità del mondo ci insegna a possedere e accumulare, Gesù ci insegna l’esatto contrario: il dono come unica via d’amore, di gioia e di vita.
Questo è il senso dell’eucaristia: imparare a donare e a condividere.
Quando celebriamo l’Eucaristia, non ricordiamo soltanto ciò che Gesù ha fatto, ma entriamo a far parte del processo d’amore che lui ha avviato, per mandarlo avanti nella storia e far nascere con le nostre azioni e con la nostra vita nuova fraternità, misericordia, compassione, servizio, giustizia. Celebriamo l’eucaristia per diventare strumenti capaci di continuare la missione di Gesù.
Le ferite che ci portiamo dentro, ci portano a rimanere aggrappati alle nostre false certezze con la paura di perdere la nostra sicurezza ci illude di avere la vita sotto controllo, ma in realtà ci rende paurosi e sospettosi, indifferenti verso l’altro. Gesù offrendosi a noi, semplice come il pane, rompe i gusci dei nostri egoismi e ci insegna che solo l’amore guarisce la paura e libera dalle chiusure che imprigionano e ci invita a non sprecare la vita inseguendo mille cose inutili che ci lasciano vuoti.
Questo è il miracolo dell’Eucaristia spegne la fame di cose e accende il desiderio di servire, ci ricorda che non siamo solo bocche da sfamare, ma ci chiama ad essere le mani di Gesù per sfamare il prossimo.
“Fate questo in memoria di me” è rendere presente Gesù nel sacramento e renderlo presente nelle nostre azioni, nelle nostre parole, nei nostri gesti, nella nostra vita.
Il gruppo catechistico