Condividi e scrivi “Amen”

Un fenomeno social si diffonde sempre più: pagine chiaramente fake che strumentalizzano la religiosità di molte persone inesperte, per aumentare i like e prendere in giro la loro (buona) fede

Sono pagine social che si moltiplicano: “Dio ti ama”, “Gesù ti vuole bene”, “Pensa a Maria”, “Ave Maria” e così via. E sono tutte pagine fake, ossia pagine false, palesemente false, basta avere un po’ di occhio e usare la ragione per rendersene conto. I contenuti sono banali, emotivi, accompagnati da immagini quasi sempre create da Intelligenza Artificiale, con qualche citazione molto devozionale, e, magari, per aumentare l’aspetto sarcastico, non mancano errori grammaticali, frasi prive di senso compiuto, se non veri e proprio giochi di parole che hanno doppi sensi blasfemi. Eppure questi post hanno centinaia di like e di condivisioni, per la serie “condividi e scrivi amen”. In questo modo le pagine fake moltiplicano le loro visibilità e intasano le bacheche social, in base ai calcoli dell’algoritmo che tutto governa.
Sono pagine tristi, però, queste, perché fanno leva su un’enorme creduloneria, unita a forme di analfabetismo funzionale e digitale, nonché a ignoranza religiosa, timore superstizioso (il quale genere terribili ‘catene’ dense di minacce per chi non sostiene la catena stessa), che fomentano i discutibilissimi ‘gattini cattolici’  nella loro diffusione. Ma sono pagine tristi, queste, anche per il modo in cui i contenuti religiosi vengono strumentalizzati per una ‘presa in giro’ non innocente (da notare peraltro, che a volte, tra una citazione e l’altra, compaiono anche notizie politiche false, notizie di spettacolo e cronache locali).

Lo scopo, oltre a far crescere la visibilità dei post e monetizzarla, è anche quello di dimostrare quanto i cattolici sul web siano impreparati, sciocchi, incapaci di cogliere il contenuto greve che viene veicolato. Il problema è che, di fatto, il fine è raggiunto: fa cadere le braccia vedere quante condivisioni sincere tali immagini producono, senza che nemmeno ci si accorga della loro natura artificiale. Si tratta di messaggi anche molto orientati a livello di sensibilità, per cui dominano i toni passatisti, devozionali, ‘agricoli’ (galoppano anche le pagine fake ‘nemmeno un ciao perché lavoro nei campi’), con nostalgie da ‘bel tempo andato’, figure di santi e di madonne di dubbio gusto estetico, e così via.
Ma davvero siamo così allocchi? Sì, è così. Perché la buona fede di alcuni, unita alla scarsa competenza digitale (anche per motivi anagrafici), restituisce un panorama desolante di come manchino basilari categorie razionali in parecchi utenti del web ‘cattolico’, di come siano assenti conoscenze minime di cultura religiosa e, soprattutto — cosa non meno malinconica — di come davvero vi siano non poche persone che pensano che condividere immagini banali e brutte, citazioni sgrammaticate e simili sia una forma di evangelizzazione e testimonianza. Invece, spiace sottolinearlo, sono forme di controtestimonianza, poiché comunicano una presenza online (che temo divenga anche on life) debolissima, irragionevole, perfino autoumiliante.

L’epoca della postverità accresce le sue nefaste conseguenze, riempie le relazioni di miasmi, sostiene gli avvelenatori di pozzi, porta acqua al mulino di posizioni politiche poco cristiane, sbriciola la credibilità del contenuto di fede e dei suoi testimoni. Con l’Intelligenza Artificiale, poi, tutto è amplificato ai massimi gradi.
Questo fenomeno della rete dichiara che il lavoro formativo da compiere in ambito ecclesiale è molto ampio, tanto più che le fake news, credute e ritenute affidabili, possono essere una porta aperta a forme di truffe e raggiri di maggior rilievo.
Bisogna tornare a coltivare il pensiero critico e a valorizzare la riflessione, la lettura, il dialogo in presenza; bisogna tornare a porre in evidenza i metodi e i modi di permanenza in rete. Bisogna tornare a integrare le varie componenti umane dell’esperienza di fede, non respingendo l’emotività, ad esempio, in ambiti che poi la strumentalizzano brutalmente.
E se tutto ciò sembra una meta di alto profilo e quasi irraggiungibile, oggi, basterebbe forse partire almeno da un passo: mettere in guardia le persone che conosciamo laddove vi sia la condivisione e l’apprezzamento di contenuti falsi, sarcastici, umilianti. Almeno un avviso, forse, possiamo darlo. Anche dal pulpito.

Sergio Di Benedetto