E’ possibile sperare al di là del male?

Tornare a riflettere sul film “The whale” (2022) permette di tornare a chiederci di quale religione abbiamo bisogno oggi, soprattutto durante l’anno del Giubileo universale

Può un film, o qualsiasi altra narrazione umana, essere al contempo dolce e terribile? La risposta è sicuramente affermativa dopo la visione del film The whale (2022), ultima opera del regista Darren Aronofsky. Tuttavia l’impressione che emerge alla fine della pellicola non è quella connessa alla tremenda commistione fra due stati radicalmente diversi fra loro, appunto dolce e terribile, bensì quella di un orientamento di fondo verso il bene, la speranza e la salvezza per tutti.

Al centro della scena vi è uno straordinario Brendan Fraser, che interpreta la figura di Charlie, il quale appare come un uomo quasi del tutto sconfitto dai drammi della vita. La forma dell’obesità che il protagonista assume ed espone è soltanto una questione a valle rispetto a quelle più radicate e fondamentali che perseguitano la sua esistenza: il suicidio dell’amato compagno, l’abbandono della figlia e della moglie, l’impossibilità di accogliersi e di riconoscersi malgrado le mancanze. Nondimeno Charlie è unicamente la “testa d’ariete” di un racconto che vede tutti i protagonisti – l’amica-infermiera Liz, la figlia Ellie, il giovane missionario Thomas, l’ex-moglie alcolizzata Mary – come manchevoli e, più o meno, colmi di dolori personali e familiari che li opprimono. In questo spazio deprimente dove nessuno pare riesca a fare la differenza, Charlie – il vinto ovvero colui che sembra in una condizione fisica e psicologica peggiore rispetto a quella degli altri – è l’unico in grado di intravedere le luci della speranza.

Charlie, intanto, spera nella figlia. Non solo alla fine della sua esistenza prova a riallacciare un rapporto con lei ma riesce a vedere quello che altri neanche desiderano per la ragazza divenuta nel frattempo ribelle e a tratti crudele: bontà, bellezza, intelligenza, forza, determinazione. Charlie è anche colui che con il suo agito invita Liz a superare le rigide categorie del bene e del male tanto da poter trarre da quest’ultimo finanche qualcosa di buono. Infine Charlie, attraverso la narrazione della sua esperienza di vita, mostra al giovane e tormentato missionario Thomas, il vero volto di una prospettiva di fede che, lungi dall’identificarsi con una prassi normativa e giudiziale, invita al bene, al perdono e alla speranza, al di là di ogni ragionevole convinzione umana.

Così, il tema della “religione” è centrale nella pellicola, tanto che la prospettiva del senso della vita e della salvezza sembra rimbombare intimamente in tutta la narrazione. Charlie, lo sconfitto, è colui che con la cocciuta speranza e tramite la pazienza nel tessere e ritessere le relazioni indica, non solo al missionario Thomas ma all’intero pubblico, le perversioni in cui la dimensione religiosa rischia di finire dimenticando tanto Dio quanto l’uomo e identificandosi in modo esclusivo con la norma, la forma e il giudizio. Charlie vive, ha fede e quindi spera nella figlia e in chi gli ruota attorno rivelando così la possibilità di andare oltre sé. Si tratta senz’altro di una “fede” non professata teoricamente, ma vissuta nella pratica attraverso la ricerca del bene, dell’amore e della giustizia a partire dal suo primo “altro da sé” incarnato dalla figlia.

La relazione autentica e dotata di senso è allora l’unica capace di riempire il vuoto che attanaglia le esistenze dei personaggi di The whale, i quali – al pari dei protagonisti del romanzo di Melville, Moby Dick – non esprimono o luce o tenebra bensì un grigiore dentro il quale bisogna imparare a muoversi per ricercare il bene e per superare il male. Sul piano sociale, politico e culturale The whale avanza una dura critica ad un certo modello di americanismo e di capital-occidentalismo, fondato sull’individuo solitario destinato ad accumulare beni e prestazioni, ma a rimanere privo di affetti e di relazioni significative.

All’interno di simile frangente culturale la prospettiva di fede declinata nel messaggio evangelico, liberata da ogni perversione e fondamentalismo, è un invito a ritrovare – al di là del male – l’umano nella sua interezza e bellezza.

Rocco Gumina