Fa bene a un rapporto quel tipo di sincerità che si riduce a dire tutto quello che ci passa per la testa senza filtri? I Mienmiuaif hanno qualche domanda scomoda da porre sul mito del “Sii te stesso”.
Sii te stesso
Sincerità, adesso è tutto così semplice. Cantava Arisa. Ma è davvero semplice essere sinceri? È sempre giusto e buono esserlo? Sincerità è sinonimo di verità?
Ringrazio – sinceramente – i Mienmiuaif di aver messo a tema della loro serie Youtube Deadcat questo argomento. Tutti abbiamo canticchiato Arisa, un ritornello che non ci molla e sembra la perfetta traduzione musicale di un altro ritornello, un po’ più subdolo, da cui siamo assediati.
Si è generato questo cortocircuito, tipico di un tempo che sente una gran nostalgia di una verità incarnata: dico tutto quello che penso – quindi sono sincero – questo è il modo migliore per stare di fronte all’altro.
E’ davvero così? Questa sincerità che si esprime senza filtri è sempre un bene nelle relazioni?
E nel video dei Mienmiuaif è Anita a buttare un sasso pesante nello stagno solo apparentemente limpido del Sii te stesso:
Nel tuo essere te stesso c’è anche il tuo peccato. In noi c’è questa tendenza al male. Essere se stessi a tutti i costi, senza filtrare, fa venir fuori anche il nostro male. […] Come cristiani cattolici noi sappiamo che dobbiamo fare un lavoro su di noi, dobbiamo fare un esame di coscienza per osservare le nostre tendenze al peccato.
Nel dire questo Anita non è una voce pessimista. Chesterton era sicuro che per avere una visione lieta della vita occorresse partire dal peccato originale. E lo paragonava a una patata, una presenza reale e non solo un’ombra emotiva.
Rovesciare addosso a un amico, a un fidanzato, a una moglie un fiume di parole non filtrato dalla coscienza può provocare delle ferite inflitte dal pungiglione del male che abbiamo dentro. Il fulcro di ogni scambio con l’altro è custodire il bene di quel rapporto (non i tornaconti personali). E se la menzogna è colpevole di procurare separazione, anche il puro discorso egocentrico spacciato per sincerità erige muri, o solca voragini.
Sono tutto quello che penso?
Dopo l’affondo della moglie Anita, anche Giuseppe butta un altro sasso bello grosso nello stagno:
Io sono tutto quello che penso?
Eh già. Ecco il re tutto nudo e che trema di freddo. Il mito contemporaneo del sii te stesso implica un grosso abbaglio: so già chi sono e vado bene così. E’ una grossa bugia, perché non siamo un pacchetto già chiuso e confezionato. Fino all’ultimo istante di vita ciascuno di noi è in travaglio. Ed è una bella notizia. Le azioni quotidiane e certi istinti e pensieri del momento sono mosse incomplete, tentativi, conquiste e inciampi che stanno dentro la cornice di una grande battaglia in corso: chi sono?
Questa è la vera domanda che resta aperta fino all’ultimo respiro, ce la giochiamo fino in fondo. Riversare addosso a chi ho di fronte un flusso di istintività indifferenziata è confusione, non sincerità. Tradisce l’io (… che per fortuna non è tutto quello che pensa) e non è detto che sia un bene anche per l’altro. Lascio la parola a Giuseppe:
Bisogna pensare anche all’altro. Si può non essere falsi, ma essere sinceri nella carità. Se hai a cuore la persona con cui stai parlando, non fai tutto quello che ti passa per la testa: ti va di dargli un pugno allora, visto che sei sincero, gli dai un pugno. Devi anche pensare al bene della persona che ti sta accanto.
La prima sincerità è riconoscerci in travaglio con le nostre ombre, macchie, fatiche. Mi rivolgo all’altro non per rovesciargli addosso tutto quello che mi passa per la testa, ma innanzitutto perché ho bisogno spostarmi dal mio punto di vista per cominciare una vera conoscenza di me. Per essere me stesso devo mettermi in relazione.
Ti voglio bene, quindi ti dico tutto
Diciamolo, è una bella frottola mettere l’etichetta del ti voglio bene e quindi di ti dico tutto, quando questo nasconde solo la voglia di sfogarsi.
Essere sinceri talvolta significa che si esce dal vero e dal buono.
Se chi ho di fronte è solo il destinatario di un monologo senza filtri, lo sto usando. Se confesso qualcosa solo per liberarmi di un peso, ma non metto in conto di chiedere perdono o di essere ferito dal dolore che certe confessioni procurano all’altro, allora le parole sono armi pericolose.
L’idolo di una sincerità senza discernimento porta acqua al mulino velenoso dell’egocentrismo. Si tratta l’io come un singolare assoluto, lo si estrania dal terreno dove fiorisce meglio: l’incontro, la relazione. Questo è il mio spazio, questo è il tuo spazio. Io ti parlo, tu mi ascolti. E viceversa. E finirono tutti soli, disperati e sinceri, ciascuno nel suo libero recinto per le sgambatine quotidiane.
La Verità tutta intera
La verità va detta nei modi e nei tempi adatti. Anche Gesù non ha rivelato tutta la verità in un momento solo ai discepoli, ma ha aspettato che facessero un percorso. E, anzi, prima di ascendere in Cielo ha detto che sarebbe venuto lo Spirito ha rivelare la verità tutta intera, perché ancora non potevano portarne il peso.
Giuseppe
Qui, cari Mienmiuaif, avete proprio alzato l’asticella. Passiamo dal terreno sdrucciolevole della sincerità al cemento armato della verità. E ci troviamo a quel bivio di fronte a cui buona parte del mondo attuale svolta in direzione la verità non esiste. E’ un’autostrada molto trafficata ed è la conferma che sincerità e verità non coincidono. Il nostro è il tempo di uomini che si aggrappano a una sincerità viscerale e altrettanto convinti che la verità non esiste. Flussi di coscienza alla deriva nel vuoto, insomma.
E c’è da dire che, in effetti, se la Verità non è l’incontro con un Padre, si fa davvero fatica a tollerare un discorso assoluto che presume di spiegare tutto in astratto. Una Verità che non si mette in relazione con noi è insopportabile.
Gesù è Via,Verità e Vita: compagno di strada verso una verità che darà vita vera al nostro io. Gesù mette in cammino i suoi discepoli verso la Verità e sta dentro il cammino insieme a loro. Il flusso ondulatorio dei nostri desideri e istinti è in cammino verso una pienezza di senso che in parte traluce in parte attende di essere liberato dalle molte eclissi del nostro peccato. Chi detta il passo è la carità, l’unica che può togliere alla sincerità il veleno di una pretesa egoistica.
Se ho a cuore il vero – qualcosa verso cui tutti stiamo camminando – allora riconosco nel mio interlocutore (moglie, marito, amico, anche lo sconosciuto per la strada) il compagno quotidiano di una vera impresa ecologica: cercare e custodire nel nostro guazzabuglio intimo dei semi buoni in mezzo a tanta spazzatura.
Annalisa Teggi