La festa di Santa Maria di Zuradili: origine e storia

 Con questa festa la Comunità è chiamata a riscoprire la fede perché attraverso di essa, in mezzo a fatiche e speranze, possiamo fare costantemente esperienza della visita di Dio.

  La festa oggi viene a ravvivare tale certezza perché riporta il volto della Comunità, rivela il segreto della sua vita nel rapporto con Maria e trasmette la forza di un proseguo di speranza.

   Questa festa è molto interessante perché assolve almeno a due funzioni: la prima è quella di ricordare che la comunità è posta non solo sotto una protezione dall’alto, ma è inserita in una rete di relazioni spirituali; la seconda, che ne è la conseguenza, è che deve sentirsi sempre di più una unità, una porzione di chiesa che vive sostenuta dall’unità di tutta la Chiesa.

 Voi siete una porzione di chiesa caratterizzata da una sua storia e da una sua identità costruita nel tempo attraverso la fede, la preghiera, la testimonianza di ogni singolo componente e dei suoi pastori lungo il tempo della sua esistenza e nell’intreccio con le vicende interne ed esterne, piccole e grandi, che l’hanno via via segnata.

 La festa di Santa Mara di Zuradili, ritorna non come un monotono ripetersi di un rito sempre uguale, ma carica degli avvenimenti che da un anno all’altro vi hanno toccato e che avete condiviso.

Questa festa è legata al titolo che permette di individuarla e che soprattutto la definisce.

  La relazione con Maria Santissima ha plasmato nel tempo il volto credente della vostra comunità parrocchiale.

La testimonianza più forte sono certamente i documenti che riguardano questa comunità prima presente a Zuradili e, a partire dal 1658 trasferitasi nei “salti di Mar Rubio”, trasferimento forzato, come scritto nella richiesta del sindaco di Zuradili Battista Eriu nel 23 novembre 1659, per la carestia, per la siccità, per le alluvioni, ma soprattutto, consultando gli atti del registro dei defunti di Zuradili, quasi certamente per la peste che, scoppiata tra la fine di maggio 1656 (con 2 morti) e tutto il mese di giugno (con 33 morti) e di luglio (38 morti; il giorno  9 luglio 9 morti!) ha decimato gli abitanti di Zuradili.

 Dal registro dei defunti risulta che già nel 1659 si è celebrato il funerale, nella parrocchia di Marrubiu, di Cristolu Pisu e il 29 novembre 1664 veniva celebrato il battesimo di “Pasqua, figlia di Pera Pira e Francesca Nusci” a firma del  curato Diego Vinci.

 Il sacerdote Giovanni Angelo de Crasta nel trascrivere l’atto di battesimo di “Giovanni Andrea figlio di Agostino Scanu e Giovanna Mely” celebrato il 13 marzo 1667, ci dà, per la prima volta, la titolazione della Parrocchia di Marrubiu, infatti scrive: ”io Giovanni Angelo de Crasta, curato della chiesa parrocchiale di Nuestra segnora de la Grazia della villa di Marrubiu”.

È il primo documento che attesta che Marrubiu è sotto la protezione di Maria con il titolo di Nostra Signora delle Grazie.

 Anche un altro documento importante dimostra che la devozione alla Madonna non è una novità per il nuovo paese di  Marrubiu, ma si tratta della continuazione, del trasferimento del culto mariano dal precedente insediamento di Zuradili. Questo documento è la richiesta avanzata dai marrubiesi, datata 1° luglio 1665, di rifondare  la Confraternita del Rosario, già esistente a Zuradili, nel paese di Marrubiu, richiesta accordata il 26 luglio 1665 dall’arcivescovo di Oristano Bernardo Cortoner.

 Nel libro dei defunti di Marrubiu al 1° ottobre 1667 la defunta Caterina Enna fa testamento di un terreno, sito in Riu Cortis, dell’estensione di 4 starelli di grano, all’opera (cioè alla chiesa-cantiere?) di Nostra Signora del Rosario.”

 In questo atto troviamo un nuovo titolo della parrocchia, ed è lo stesso curato Giovanni Angelo de Crasta che negli atti di battesimo del giugno 1667 riporta come titolo della parrocchia “Nostra segnora del Roser”, scrivendo così anche nei mesi successivi.  Anche nell’intestazione dei “Cinque Libri” scrive “de la parrocchiale chiesa di nostra signora del Rosario della villa di Marrubiu, il giorno 3 maggio 1667”.

 Ma il 26 dicembre 1671 il Curato Trogu scrive di aver battezzato “una bambina, Stefania, figlia di Francesco Cortis e Maria Anna Cozza nella Chiesa Parrocchiale di Santa Maria della Grazia nel paese di Marrubiu”.

  Questo titolo di “Santa Maria della Grazia” è presente fino al 28 agosto 1693.

 Il titolo “Madonna di Monserrat”, attuale patrona di Marrubiu, non è facile trovarlo in una data precisa, perché tutti i sacerdoti, in tutti i registri scrivono “nella chiesa parrocchiale di questo paese” senza specificare la titolarità.

 Indirettamente il titolo è sicuramente antecedente al 27 ottobre 1797 perché in tale data il Vice Parroco Antonio Piricu scriveva: “ho battezzato una creatura figlia dei coniugi Vincenzo Cozza e Grazia Dessì, alla quale si pose il nome di MARIA  MONSERRATO RITA”.

 Il riferimento esplicito si trova nel libro dei battesimi il 28 maggio 1808 quando il parroco Salvatore Angelo Floris scriveva: “certifico di aver firmato, io vicario parrocchiale di questa chiesa sotto l’invocazione di Maria di Monserrata…”.

Da quella data è sempre presente la titolazione alla Madonna di Monserrato.

 Istituendo la festa di Zuradili con decreto dell’arcivescovo di Oristano Mons. Giovanni Antioco Atzei del 18 giugno 1820, la Madonna viene venerata ancora con il titolo “Madonna di Monserrat”, da festeggiarsi, dall’anno successivo, la prima domenica di maggio. Familiarmente tutti la veneriamo con il titolo di Madonna di Zuradili o, meglio come “festa della  Madonna di Zuradili”.

 Questa documentazione sottolinea e attesta la caratteristica di Marrubiu, un paese legato alla devozione a Maria, madre di Dio e madre di Gesù e quindi, in Gesù, madre nostra, con tanti titoli.

 La devozione a Maria sviluppa il senso di fiducia che il plurale “delle grazie” applica a tutte quelle circostanze in cui si fa forte l’esperienza della prova, della difficoltà, del dolore; per gli abitanti di Zuradili la liberazione dalla peste, per noi l’esperienza che Maria ci sta accanto con l’amore e la delicatezza di una madre che coglie ogni sfumatura di pena e di affanno dei propri figli.

Il Vangelo in tanti episodi, soprattutto nel racconto delle nozze di Cana, sottolinea il potere di intermediazione che Maria esercita su Gesù. Ma la stessa pagina mette subito in luce che la sorgente di tale potere è Gesù in persona, invitandoci, per così dire, a passare dal plurale “delle grazie”, al singolare “della Grazia”, perché è Lui, Gesù, che cancella la radice di tutto il male e ci concede tutti i beni.

Maria è mediatrice e per questo è maternamente vicina a noi; la sua premura è tutta racchiusa nel donarci Gesù e nell’indirizzarci a Lui.

Questa mediazione Maria ce la dà con tenerezza, con condivisione, con amore. Tutto da lei abbiamo ricevuto dalla sua presenza sotto la croce, con la morte e resurrezione di Gesù.

 La Grazia, che è Cristo e che ci è donata attraverso Maria, ognuno di noi l’ha ricevuta nel battesimo, ma la nostra vita è segnata dalla precarietà e dalle cadute: abbiamo bisogno di grazia per riuscire ancora a camminare.

 Maria, in questo percorso, dobbiamo crederlo, ci starà vicino e sarà sempre nostra compagna di viaggio.

Don Isidoro Meloni
Estratto dall’omelia di lunedì 06 maggio 2019