Riflettendo sull’assenza quasi generale della figura paterna dei nostri bambini, bambine, ragazzi e ragazze, dai percorsi di accompagnamento nei diversi itinerari di educazione alla fede, condivido con le famiglie qeusti due articoli. Nei nostri periodici incontri formativi, quasi sempre è assente la figura paterna e in alcuni casi anche la figura materna? Come interpretare queste assenze?
Sappiamo abbondantemente che nel processo educativo, l’assenza di un padre nella vita di un figlio provoca una grave mancanza. Si parla, infatti, di un vuoto psicologico determinato da una figura che non è riuscita ad esercitare il proprio ruolo e che può lasciare nel figlio o nella figlia numerose ferite.
Luigi Cancrini, parla di °infanzie infelici”, riferendosi a quelle infanzie di bambini in cui sono mancate le cure adeguate, le presenze , costituite da assenze importanti. Ferite gravose che se non affrontate possono causare comportamenti disturbati.
Si tratta di quei bambini che manifestano dolore e sofferenza attraverso i loro comportamenti.
È il caso per esempio di un padre presente fisicamente ma assente emotivamente, incapace di dimostrare i propri sentimenti , oppure assente emotivamente e fisicamente, come nel caso di trasferimenti, rotture, importanti separazioni.
Il bambino fin dalla nascita, necessita di stimoli per crescere, ha bisogno di continui rinforzi e di instaurare dei buoni modelli di attaccamento.
Il bambino si aspetta affetto ; comunica e interagisce per affrontare il mondo attraverso le proprie figure di attaccamento.
Ognuno di noi ha bisogno di protezione, amore, salute, cibo ed educazione e tutti questi bisogni vengono soddisfatti soprattutto con l’amore che, rinforza mediante stimoli positivi, la crescita sana della personalità.
Un padre assente genera incongruenze, vuoti e difficoltà nel comportamento.
Un rapporto vuoto e schivo determina ansia nei bambini che sviluppano aspettative che non si compiono. Sanno che i padri dei loro amici agiscono in modo diverso dal proprio e tornando a casa ogni volta provano un gran senso di frustrazione per il confronto che sono abituati a fare è facile che in età adolescenziale, emerga un senso di inadeguatezza rispetto alla capacità di instaurare legami relazionali con l’altro sesso.
Come se la sensazione dell’abbandono fosse sempre presente e condizionasse le nostre scelte. Spesso, infatti, il senso di trascuratezza vissuto durante l’età evoluiva, a causa dell’assenza del padre, suscita un profondo disagio legato alla paura di non essere amati, al senso di abbandono. Anche da adulti si avverte in maniera ancora nitida, il dolore legato alle ferite emotive subite.
Saranno adulti condizionati dalla paura di rimanere soli che hanno idea di non valere abbastanza e di non meritarsi affetto.
Nel timore di tutto questo, si aggrapperanno in modo “malato” al partner, mantenendo relazioni che non sono né buone né significative.
Potranno sviluppare una dipendenza affettiva.
La dipendenza affettiva ha origini molto lontane e spesso si instaura quando l’individuo fin da piccolo, per ottenere considerazione ed attenzione da parte dei genitori, è stato costretto arinunciare ad una parte di sé e dei propri bisogni. Spesso si tratta di genitori problematici, a loro volta dipendenti anche da sostanze (alcolisti, tossicodipendenti ecc) e di un bambino adultizzato che ha dovuto prendersi cura di loro ed il tipo di attaccamento che ha sviluppato il dipendente affettivo è di tipo insicuro /ambivalente.
I genitori non sono stati vissuti come base sicura per esplorare l’ambiente.
La lontananza dalla figura di attaccamento ha causato quindi fin da piccolo, angoscia e paura dell’abbandono : il dipendente affettivo teme la separazione.
E da adulto che tipo di relazioni instaura? Delle relazioni non libere e non autentiche e la paura della solitudine è molto forte e condiziona l’andamento del rapporto.
C’è un fattore su cui gli psicologi concordano che facilita e protegge la crescita di quei bambini che hanno avuto infanzie infelici: la resilenza
È la capacità di fronteggiare le esperienze favorevoli, sia nel resistere all’impatto traumatico sia nell’affrontarne le conseguenze.
Come possiamo andare oltre le mancanze e tentare di trovare del positivo in quello che ci è capitato? Ognuno di noi possiede le risorse per poter fronteggiare da solo e/ o con l’aiuto degli altri le situazioni più’ svantaggiose e ritrovare in esse quegli elementi positivi essenziali ad un’ ulteriore crescita emotiva, sviluppando così una piena consapevolezza di sé. Con il tempo sarà possibile anche comprendere e forse perdonare, attraverso una nuova narrazione, una costruzione nuova delle proprie esperienze di vita
Chi possono essere i padri assenti?.
- Padri , a loro volta figli di genitori assenti e/o maltrattanti
- Padri che non hanno sviluppato le opportune risorse per fronteggiare le responsabilità della vita adulta
- Padri che non hanno capito, per mancanza di opportuni esempi cosa significasse rivestire quel ruolo.
Non è mai troppo tardi per recuperare un minimo di rapporto con i vostri genitori. Le motivazioni della mancanza potrebbero essere molteplici ed anche quelle di vostro padre.
Il punto di svolta per lenire la vostra ferita parte proprio da qua, da una nuova consapevolezza.
Ora siete grandi, anche se mantenete il ruolo di figlio, probabilmente siete genitori a vostra volta e avete compreso quant’è difficile essere padri/madri.
Un giorno tornerete a casa.
Nel tempo magari sarà possibile ricreare un rapporto sereno .
Barbara Calcinai
Dopo un periodo piuttosto lungo in cui la società occidentale ha assistito ad un processo di declino della funzione paterna e ad una crisi generale della paternità, ora la figura del padre si trova al centro di una riscoperta del suo ruolo fondamentale.
A partire dalla fine degli anni ’60, il ruolo del padre e il modo di esercitare la sua funzione nella relazione con i figli sono stati entrambi modificati profondamente; la paternità ha perso rilevanza rispetto alla maternità, sia a livello giuridico che sociale. Che la situazione sia voluta o subita, di fatto oggi il padre risulta essere il grande assente in tutto ciò che concerne il sano sviluppo e l’educazione dei figli.
Riflettendo sulla funzione paterna e sulla crisi che la paternità ha attraversato, sui cambiamenti socio-culturali avvenuti e su quelli che probabilmente avverranno, sui modi concreti in cui il ruolo del padre s’incarna oggi e sull’attuale primato del modello materno, è fondamentale richiamare l’attenzione sul fatto che i figli, per crescere in maniera equilibrata, hanno bisogno di un padre e di una madre, di due figure complementari tra loro che sappiano fare gioco di squadra, senza confusione dei ruoli. È sempre maggiore il numero di bambini che crescono con solo metà di ciò di cui hanno bisogno. È probabile che saranno solo la metà di ciò che potrebbero essere.
Da qui nasce la necessità di riaffermare con forza l’importanza del ruolo paterno nel nostro contesto storico e sociale e di chiarire che esso non può essere solo un “fac-simile” di quello materno, perché l’esercizio della paternità non va ad occupare lo spazio che, eventualmente, “avanza” alla madre, ma ha delle caratteristiche proprie. In ambito psico-pedagogico si fa riferimento all’esistenza di due distinti codici educativi: il codice educativo materno e il codice educativo paterno. Non si tratta di una distinzione di genere maschile o femminile, s’intende piuttosto far riferimento a un diverso atteggiamento, a due modalità differenti, con cui si affrontano i processi che portano alla crescita e allo sviluppo dell’identità personale dei figli.
Il codice educativo materno è quello preposto alla cura, e attiene alla protezione del bambino, alla soddisfazione dei suoi bisogni, alla sua gratificazione, alla compiacenza. Nel primo anno di vita la prevalenza di questo tipo di codice è fondamentale. Il neonato necessita d’instaurare una relazione simbiotica con la madre, improntata alla cura e all’accudimento che è fondamentale per la sopravvivenza e l’acquisizione di alcune importanti competenze di natura psichica come l’attaccamento e l’autostima. Man mano che cresce e si sviluppa, il bambino, soprattutto a partire dal terzo anno di vita, ha bisogno tuttavia anche di essere sostenuto nel processo che lo conduce all’autonomia. Il codice paterno è il codice che presidia questo processo. Porre limiti, definire regole, stimolare alla conquista della vita, rendere responsabili: queste sono funzioni tipiche del ruolo paterno. Bisogna prendere in seria considerazione l’importanza e il ruolo fondamentale che il padre riveste nella crescita del figlio e nello sviluppo della sua personalità. Il codice paterno aiuta il bambino nel doloroso processo di separazione dal “grembo” materno per uscire dalla con-fusione e arrivare all’individuazione, all’affrancamento di sé, a uscire dall’onnipotenza. Il padre ha il compito di favorire l’autonomia dei figli, promuovere il primo abbozzo di coscienza e di disciplina degli impulsi, il senso del limite, le regole di vita, la socializzazione. In questo senso egli si presenta come un “altro” dalla madre, mediatore del mondo esterno, primo interprete della realtà: rappresenta “l’alterità”, il mondo esterno, gli “altri”.
Oggi accade, in modo diverso dal passato, che entrambi i codici educativi siano attuati sia dalla figura maschile che da quella femminile, assistiamo ad una maternalizzazione del codice paterno. Attualmente i padri ci sono, ma rischiano di fare “maternage”, di rendere fragile la vita e prolungare la dipendenza affettiva, lasciando il processo di separazione-individuazione meno netto, con una conseguente maggiore incertezza nell’emancipazione dei figli dalla dipendenza familiare e con ricadute negative nello sviluppo dell’identità personale.
Il modo di incarnare concretamente la funzione paterna dipende in larga misura dal tipo di relazione vissuta all’interno della coppia genitoriale. In concreto, bisogna che la madre si dimostri disponibile a far entrare il padre in relazione con il figlio, visto che nei primi anni di vita, è soprattutto la donna ad avere un contatto stretto e diretto con il bambino. La relazione tra padre e figlio si costruisce in maniera progressiva e in funzione della modalità con cui l’uomo sceglie di vivere la propria paternità, ma anche in funzione degli spazi che la donna gli concede. Il padre non può sostituirsi né sovrapporsi alla madre, ma deve gradualmente inserirsi nel rapporto madre-bambino, fino a trasformare la diade in triade. È un lavoro che non può essere compiuto dal padre, da solo; questi ha bisogno dell’aiuto della moglie. Il padre non è l’elemento opzionale delle relazioni familiari, ma l’altro polo di un amore “bicromatico” di cui i figli hanno bisogno per crescere in maniera sana ed equilibrata, dal momento che la vita si propaga su due direttrici parallele, maschile e femminile, e la riuscita non è nell’annullamento delle differenze dei due sessi, ma nella loro comune destinazione.
L’essere padre comprende funzioni essenziali per la crescita di un figlio, maschio o femmina che sia. La paternità interviene direttamente nella strutturazione della personalità di un bambino, gli consente di evolvere sul piano dell’autonomia e dell’indipendenza e, pertanto opera perché si compia pienamente il processo d’individuazione. L’assenza del padre o la carenza di questa funzione sono sempre collegate a difficoltà e disagi che bloccano o impediscono lo sviluppo psicologico di un bambino.
Una delle caratteristiche più significative della funzione paterna rimane anche oggi quella di rappresentare l’autorità e il pensiero razionale, logico. Da questa rappresentazione deriva che il padre favorisce il processo di separazione dalla madre e introduce il figlio, attraverso il linguaggio e le regole, nell’universo delle relazioni sociali, nel mondo del pensiero razionale. Al padre è simbolicamente affidato il compito di traghettare gradualmente il proprio figlio dal territorio del materno a quello della società, favorire l’emancipazione dall’infanzia e sollecitarlo a divenire adulto e autonomo, capace di una sicura identità sessuale e con intelligenza e creatività in grado di entrare in contatto con il mondo.
Inoltre tra le funzioni paterne vi è quella di costituire per i figli un valido riferimento di sostegno, che favorisce il processo di identificazione sessuale, sia nel maschio che nella femmina. Per entrambi, infatti, il padre assume una funzione importante, perché la sua capacità di differenziare il ruolo maschile da quello femminile consente a essi di riconoscere gli aspetti della loro individuale sessualità.
Il padre infine influenza direttamente lo sviluppo cognitivo dei figli. Promuovere la capacità dell’autonomia significa infatti incidere anche sullo sviluppo di un pensiero indipendente e maturo, dotato di capacità critica. Padri aperti, disponibili a spiegare le ragioni di una regola o di un divieto, capaci non tanto di provvedimenti punitivi, quanto di atteggiamenti disciplinari autorevoli e ragionevoli, permettono ai figli di maturare più facilmente sul piano intellettivo. Allo stesso modo questa disponibilità a comprendere e rispettare le esigenze dei figli, a discutere con loro nella ricerca delle possibili soluzioni a un problema sembra pure favorire sia la flessibilità del pensiero che la curiosità e la creatività.