I domenica di Quaresima; commento al vangelo: il deserto e la tentazione

Letture:
Genesi 9,8-15; Salmo 24;
Prima Lettera di San Pietro apostolo 3,18-22; Marco 1,12-15

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da Satana. La tentazione? Una scelta tra due amori. Vivere è scegliere. La tentazione ti chiede di scegliere la bussola, la stella polare per il tuo cuore. Se non scegli non vivi, non a pieno cuore. Al punto che l’apostolo Giacomo, camminando lungo questo filo sottile ma fortissimo, ci fa sobbalzare: considerate perfetta letizia subire ogni sorta di prove e di tentazioni. Quasi a dirci che essere tentati forse è perfino bello, che di certo è assolutamente vitale, per la verità e la libertà della persona. L’arcobaleno, lanciato sull’arca di Noè tra cielo e terra, dopo quaranta giorni di navigazione nel diluvio, prende nuove radici nel deserto, nei quaranta giorni di Gesù. Ne intravvedo i colori nelle parole: stava con le fiere e gli angeli lo servivano. Affiora la nostalgia del giardino dell’Eden, l’eco della grande alleanza dopo il diluvio. Gesù ricostruisce l’armonia perduta e anche l’infinito si allinea. E nulla che faccia più paura.

Ma quelle bestie che Gesù incontra, sono anche il simbolo delle nostre parti oscure, gli spazi d’ombra che ci abitano, ciò che non mi permette di essere completamente libero o felice, che mi rallenta, che mi spaventa: le nostre bestie selvatiche che un giorno ci hanno graffiato, sbranato, artigliato. Gesù stava con… Impariamo con lui a stare lì, a guardarle in faccia, a nominarle. Non le devi né ignorare né temere, non le devi neppure uccidere, ma dar loro un nome, che è come conoscerle, e poi dare loro una direzione: sono la tua parte di caos, ma chi te le fa incontrare è lo Spirito Santo. Anche a te, come a Israele, Dio parla nel tempo della prova, nel deserto, lo fa attraverso la tua debolezza, che diventa il tuo punto di forza. Forse non guarirai del tutto i tuoi problemi, ma la maturità dell’uomo consiste nell’avviare un percorso, con pazienza (tu maturi non quando risolvi tutto, ma quando hai pazienza e armonia con tutto). Allora ti accorgi che Dio parla a te nella fragilità e che lo Spirito è colui che ti permette di re-innamorarti della realtà tutta intera, a partire dai tuoi deserti.

Dopo che Giovanni fu arrestato Gesù andò nella Galilea proclamando il vangelo di Dio. E diceva: il Regno di Dio è vicino. Gesù proclama il “vangelo di Dio”. Dio come una “bella notizia”. Non era ovvio per niente. Non tutta la Bibbia è vangelo; non tutta è bella, gioiosa notizia; alle volte è minaccia e giudizio, spesso è precetto e ingiunzione. Ma la caratteristica originale del rabbi di Nazaret è annunciare vangelo, una parola che conforta la vita, una notizia gioiosa: Dio si è fatto vicino, è un alleato amabile, è un abbraccio, un arcobaleno, un bacio su ogni creatura.

Ermes Ronchi

La prima cosa che si dice di Gesù quando fu battezzato da Giovanni, è che lo Spirito lo sospingeva. Gesù è stato un uomo condotto dallo Spirito, non da altri interessi o brame. Dove lo ha portato lo Spirito? Nel deserto. Il deserto era in quel tempo rottura con il sistema di vita e di società nel quale si viveva. Nell’Egitto dei faraoni si chiamava anachóresis, un fenomeno che avveniva tra persone senza radici, con debiti, scontente dell’ordine sociale imperante (R. Teja, H. Henne, M. Naldini). Come leggiamo in Palladio o Rufino, i primi monaci (III sec.) erano in gran parte persone ignoranti, schiavi o persino individui senza radici, quelli che si potrebbero proprio chiamare “scapestrati” (André Piganiol). A persone di tal genere Gesù si è unito Gesù per iniziare il suo ministero pubblico. Il breve racconto di Marco fa pensare tutto questo. Sebbene la cosa più probabile è questo racconto non sia storico, ma che esprima simbolicamente quello che per noi significa Gesù di Nazareth

Gesù è stato decisivo nella storia dell’umanità. Lo è stato, soprattutto, per il suo modo di intendere la vita, le relazioni umane, il potere, il valore del denaro, la straordinaria importanza dei poveri, degli ultimi, dei sofferenti…Ed è stato anche decisivo perché ha provocato un cambiamento anch’esso decisivo nella religione e nella nostra idea su Dio. Cambiamenti di tale portata e così sorprendenti hanno iniziato ad attecchire nella Anachóresis, nello “stato di assenza illegale” (H. Henne) che Gesù ha iniziato nel deserto.

E poi si è messo a dire che era già vicino il Regno di Dio, il Regno del Padre del Cielo. È la Buona Notizia, perché è la notizia che annuncia una vita diversa, una società diversa, una felicità per tutti, una speranza per i poveri, per gli ammalati, per i sofferenti, per coloro che hanno oramai perso ogni speranza. E ci annuncia anche – quello che è l’elemento decisivo – come è il Dio che ci ha rivelato Gesù mettendo al centro del suo messaggio “il Regno di Dio”, cioè come è Dio e dove possiamo trovare Dio: nella solidarietà con gli ultimi di questo mondo.

A quanto detto bisogno aggiungere che il miglior commento che si possa fare alle tentazioni di Gesù nel deserto è quello di F. Dostoevskij nel discorso del “Grande Inquisitore” (I Fratelli Karamazov, V,5). Il geniale romanzo presenta Gesù a Siviglia. L’Inquisitore rinfaccia a Gesù: perché sei venuto a sconvolgerci? Gesù è presentato come uno sconvolgimento per i capi dell’Inquisizione. Perché? Perché Gesù è venuto a questo mondo ad annunciare che la cosa migliore per gli uomini è la libertà. E proprio questo detestava il Grande Inquisitore. Per gli esseri umani la religione vede la soluzione nella “sottomissione”. Gesù vede la soluzione nella “libertà”. In questo consiste il contrasto tra la religione ed il Vangelo.

P. José María Castillo