Fra qualche giorno, un gruppo di 30 ragazzi insieme a 7 educatori/animatori, guidati da don Alessandro, partiranno per un campo vacanza parrocchiale che si svolgerà a Roma e ad Assisi. Il tema de campo sarà: Diamo un volto all’amore, un nome di cui ragazzi stessi, nei prossimi giorni, attraverso le pagine del Diario, spiegheranno il senso.
Ogni volta che penso a questo paese di Marrubiu, che sto imparando ad amare, il mio pensiero non può non andare ai tanti ragazzi che vedo e ai pochi ragazzi che incontro in Parrocchia, in genere per l’iter “obbligato” in vista dei sacramenti.
Guardo questi ragazzi con affetto e gratitudine a Dio per la ricchezza che sono e per le tante opportunità che certamente avranno nella loro vita. Ogni volta però che li guardo, sullo sfondo incrocio anche lo sguardo dei loro amici: altre strade, altre sensibilità e altre passioni e forse anche altri limiti, ma proprio questa diversità li accomuna e li rende capaci di vera amicizia.
Molto spesso, la sera dopo cena, alcuni di loro si radunano nelle panchine del sagrato della Parrocchiale. Più di una volta con un pretesto, mi avvicino loro e provo a pormi in ascolto e in dialogo.
Penso al tempo difficile che questi ragazzi hanno vissuto per oltre due anni, un tempo che li segnerà a vita e che ha fatto emergere in loro un’agitazione, un’angoscia, una rabbia, una noia che le piattaforme virtuali, seppur ricche di serie tv, film e musica per tutti i gusti, non riescono più a contenere, a calmare e a dare una risposta ai tanti punti interrogativi che uno si porta dentro.
Un malessere che, nel profondo, nasconde la voglia di ripartire, di ricominciare, di voler vivere un tempo diverso, nuovo, creativo, libero di esprimere affetti, gesti, sogni o semplicemente un sorriso senza mascherina!
Un disagio che si esprime in svariati modi: chi ascolta la musica a tutto volume rimbalzante tra le vie, chi organizza una rissa in piena notte e la conclude con una pacifica stretta di mano, chi prende a calci bici o segnali stradali, oppure chi litiga insistentemente per la poca fiducia offerta e ricevuta. Il tutto per sentirsi vivi, desiderosi di relazioni di amicizia, di affetto. Perché, alla fine. l’alcol o qualche altro sballo non basta a riempiere questo disagio.
Mi nasce allora una domanda: Quale provocazione sta lanciando questo tempo alla nostra Chiesa? Perché, tra i tanti muri o scalini delle nostre parrocchie e in una piccola città come Oristano, questi luoghi, quelli delle chiese sono sempre i più frequentati e abitati? Cosa frena dall’entrare in chiesa? Quale timore da vincere? Come accendere la curiosità per uno spazio di Vita che cerca, fin dal suo Fondatore, di essere prossimo all’umanità e alle sue domande? Quale bellezza potrebbe affascinare per superare la soglia? Il campo vacanza parrocchiale costituisce per certi versi la soglia, una soglia però da attraversare, con coraggio o per entrare o per uscire…Nessuna illusione mi accompagna, ma solo la certezza che Dio, seguirà sempre il cammino di chi fa spazio nel proprio cuore alla sua presenza.
Se questa proposta rappresenta un ‘opportunità per i ragazzi, forse, per noi è una chance per trovare il coraggio per sperimentare uno stile creativo andando sulla porta, accettando di abitare gli scalini e la strada, lasciando la sicurezza di uno stile di fede abitudinario dentro le “mura” per aiutare a riscoprire il fascino “di” e “per” Gesù da cui loro stessi sono stati attratti.
Possono venire in aiuto le parole provocatorie di Madeleine Delbrêl quando scrive di «rivivere il Cristo in mezzo ad un mondo scristianizzato» e così comprendere come Gesù ci abbia «scelti per stare in uno strano equilibrio, un equilibrio che può stabilirsi e mantenersi solo in movimento, solo in uno slancio. Un po’ come una bicicletta che non si regge senza girare, una bicicletta che resta appoggiata contro un muro finché qualcuno non l’inforca per farla correre veloce sulla strada».
Appoggiati a quel muro o seduti su quegli scalini delle nostre piazze potrebbero esserci donne e uomini che, da soli, non sono in grado di reggersi e che attendono qualcuno che li faccia alzare e li incoraggi a varcare la soglia per sperimentare la bellezza della Parola di Vita.
Don Alessandro