In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!» (…).
Il monte della luce, collocato a metà del racconto di Marco, è lo spartiacque della ricerca su chi è Gesù. Come in un dittico, la prima parte del suo libretto racconta opere e giorni del Messia, la seconda parte, a partire da qui, disegna il volto altro del “Figlio di Dio”: vangelo di Gesù, il Cristo, il figlio di Dio (Mc 1,1). Il racconto è tessuto ad arte con i fili dorati della lingua dell’Esodo, monte, nube, voce, Mosè, splendore, ascolto, cornice di rivelazioni. Nuovo invece è il grido entusiasta di Pietro: che bello qui! Esperienza di bellezza, da cui sgorga gioia senza interessi.
Marco sta raccontando un momento di felicità di Gesù (G. Piccolo) che contagia i suoi. A noi che il fariseismo eterno ha reso diffidenti verso la gioia, viene proposto un Gesù che non ha paura della felicità. E i suoi discepoli con lui. Gesù è felice perché la luce è un sintomo, il sintomo che lui, il rabbi di Nazaret, sta camminando bene, verso il volto di Dio; e poi perché si sente amato dal Padre, sente le parole che ogni figlio vorrebbe sentirsi dire; ed è felice perché sta parlando dei suoi sogni con i più grandi sognatori della Bibbia, Mosè ed Elia, il liberatore e il profeta; perché ha vicino tre ragazzi che non capiscono granché, ma che comunque gli vogliono bene, e lo seguono da anni, dappertutto.
Anche i tre apostoli guardano, si emozionano, sono storditi, sentono l’urto della felicità e della bellezza sul monte, qualcosa che toglie il fiato: che bello con te, rabbi! Vedono volti imbevuti di luce, occhi di sole, quello che anche noi notiamo in una persona felice: ti brillano gli occhi! Vorrebbero congelare quella esperienza, la più bella mai vissuta: facciamo tre capanne! Fermiamoci qui sul monte, è un momento perfetto, il massimo! C’è un Dio da godere, da esserne felici. Ma è un’illusione breve, la vita non la puoi fermare, la vita è infinita e l’infinito è nella vita, ordinaria, feriale, fragile e sempre incamminata.
La felicità non la puoi conservare sotto una campana di vetro o rinchiudere dentro una capanna. Quando ti è data, miracolo intermittente, godila senza timori, è una carezza di Dio, uno scampolo di risurrezione, una tessera di vita realizzata. Godi e ringrazia. E quando la luce svanisce e se ne va, lasciala andare, senza rimpianti, scendi dal monte ma non dimenticarlo, conserva e custodisci la memoria della luce vissuta. Così sarà per i discepoli quando tutto si farà buio, quando il loro Maestro sarà preso, incatenato, deriso, spogliato, torturato, crocifisso. Come loro, anche per noi nei nostri inverni, sarà necessario cercare negli archivi dell’anima le tracce della luce, la memoria del sole per appoggiarvi il cuore e la fede. Dall’oblio discende la notte.
Letture: Genesi 22,1-2.9.10-13.15-18; Salmo 115; Lettera ai Romani 8,31b-34; Marco 9,2-10
Ermes Ronchi
Il brano evangelico di questa seconda domenica di Quaresima ci parla della Trasfigurazione di Gesù, il quale, annota Marco, «prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli». A un certo punto, il volto di Gesù cominciò a brillare di una luce sfolgorante; apparvero Mosè ed Elia che parlavano con lui. Per un momento, la realtà divina del Figlio di Dio, nascosta sotto la sua umanità, fu come liberata e Gesù apparve, anche all’esterno, quello che era in realtà: la luce del mondo. C’era una tale atmosfera di pace e di felicità che Pietro non poté trattenersi dall’esclamare: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Ma in quel momento, scrive l’evangelista, si formò una nube che li avvolse e dalla nube uscì una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
Con queste parole, Dio Padre dava Gesù Cristo all’umanità come suo unico e definitivo Maestro. Quell’imperativo «Ascoltatelo!» sta a significare che Egli è la «Via, Verità, Vita» e, se noi lo ascoltiamo e lo seguiamo, non potremo ingannarci perché Egli è l’Amore, la nostra vera felicità! Però quella parola «Ascoltatelo!» non è rivolta solo ai tre discepoli che erano sul Tabor, ma ai discepoli di Cristo di tutti i tempi. È necessario perciò che ci poniamo la domanda: «Dove parla Gesù oggi, per poterlo noi ascoltare?». Gesù ci parla anzitutto attraverso la nostra coscienza. Ogni volta che la coscienza ci rimprovera per qualcosa di male che abbiamo fatto, o ci incoraggia a fare qualcosa di buono, è Gesù che ci parla mediante il suo Spirito. Ma da sola essa non basta. È facile farle dire quello che piace a noi ascoltare. Essa può essere deformata, o messa addirittura a tacere, dal nostro egoismo. Ha bisogno perciò di essere illuminata e sorretta dal Vangelo e dall’insegnamento della Chiesa.
Il Vangelo è il luogo per eccellenza in cui Gesù ci parla oggi. La gente ama distrarsi, non pensare; per questo i programmi di varietà, di giochi e quiz hanno tanto ascolto. Quando però ci troviamo a fronteggiare una crisi, un grande dispiacere, allora ci si accorge che solo le parole del Vangelo possono aiutarci e dirci qualcosa, mentre tutte le altre parole suonano vuote e ci lasciano soli, alle prese con i nostri problemi. Fidiamoci di Dio come si è fidato Abramo il quale, senza resistenze, si è reso disponibile addirittura a sacrificare Isacco, il figlio della promessa (I Lettura). Fidarsi di Dio, dunque, significa avere fiducia in Lui. Ogni giorno facciamo tanti atti di fede umana: crediamo al giornale, alla parola dell’amico, alla televisione, alle dicerie, a chi racconta menzogne, ai maghi, agli indovini, agli oroscopi. Siamo facili a credere nella parola degli uomini, mentre facciamo tanta fatica a credere nella parola di Dio. Ebbene, con la parola «Ascoltatelo!» Dio ha voluto dirci che tra Lui e gli uomini c’è un solo mediatore: Gesù! In Cristo, infatti, abbiamo ogni risposta.
Oggi purtroppo la fede diminuisce e quando la vera fede diminuisce, aumenta la superstizione. Non c’è, si può dire, giornale, radio, televisione che non propini giornalmente ai suoi lettori e ascoltatori l’oroscopo. Quante persone, non solo ragazzi e adolescenti, credono che la nostra vita sia regolata dalle stelle, dai segni zodiacali! Purtroppo, dispiace dirlo, ma queste persone non hanno fede in Dio. L’unica sicurezza della nostra vita è Dio; le altre sicurezze, se non poggiano su di Lui, sono inganni. Gesù infatti dice: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (cf Gv 14,1). A noi che oggi contempliamo questo mistero della Trasfigurazione, che ha sullo sfondo la passione e la risurrezione di Cristo, è chiesto solo di accogliere la voce del Padre che proclama Gesù sua Parola, Parola fatta carne, Parola che ha rivelato Dio nel suo amore, nella sua misericordia, nella sua bontà verso gli uomini. Ebbene, impariamo a conoscere Cristo attraverso le Scritture, di cui il Vangelo è il cuore, e confidiamo sempre fede in Dio!
Don Lucio D’Abbraccio