Il messaggio per l’avvento di quest’anno

Il tempo dell’avvento che ritorna ogni anno, ci invita a riscoprire la possibilità concreta di nuovi inizi e nuove scoperte. Il nuovo anno liturgico che si apre sulla prospettiva della fine, ci vuole riorientare a mettere a fuoco il fine della nostra: attendere il Signore!

Questa attesa non vuole suscitare paura e timore, ma vuole che davanti alle prove che stiamo affrontando in questo tempo di pandemia, non si spenga la fiaccola dell’attesa.

Come la Pasqua così anche il Natale di quest’anno sarà caratterizzato da limitazioni e privazioni che generano in noi tristezza e paura. Davanti ai tanti nemici visibili e invisibili della nostra vera speranza e della gioia della vita non venga meno la nostra invocazione biblica: Amen, vieni presto Signore Gesù (Ap 22,20).

Questo tempo, attraverso la riscoperta del ritorno all’essenzialità e all’interiorità ci aiuti a maturare il desiderio delle cose che danno valore alla nostra vera umanità. La fede è a servizio della umanità e non di un vago e incerto futuro ultraterreno! Ma l’avvento non è solo attesa dell’uomo ma, paradossalmente, anche attesa di Dio.

Anche Dio attende, anch’egli è entrato in questo nostro tempo e attende, silenziosamente, la nostra riposta ai tanti segni del suo amore per noi. Questi segni vanno interpretati con l’intelligenza dello Spirito e il coraggio della verità, quella verità che emerge, giorno per giorno nella nostra vita.

Ogni mattina il nostro risveglio può essere disturbato dalla sensazione di trovarci sotto la cappa di un cielo coperto, un cielo chiuso, senza spiragli, quasi si ha la sensazione di soffocare. Aiutati dal profeta Isaia, con la prima lettura di questa I domenica di Avvento, dobbiamo riconoscere con coraggio che il grigiore esistenziale è anche conseguenza di un modo sbagliato di vivere: «ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore così che non ti tema». Ma il percorso non finisce qui: dopo il coraggioso riconoscimento della nostra ingratitudine, siamo in grado di concludere, in umiltà, con questo riconoscimento: «Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani». Il punto è abbandonare ogni atteggiamento di rabbia, protesta e ribellione interiore e lasciarci plasmare da Dio che agisce anche attraverso gli eventi della vita. Siamo chiamati ad una sapiente fedeltà alla nostra storia per vivere l’autentica fedeltà a Dio!

Esercitiamoci, in questo avvento lasciando cadere ogni nostra difesa, fidandoci di Dio che agisce nel groviglio della nostra umanità. Invochiamolo con fiducia con questa semplice invocazione, Tu, Dio sei nostro Padre, da sempre ti chiami nostro redentore, vieni presto! (Is 63,16).

Buon avvento! don Alessandro