Il senso autentico del digiuno quaresimale

Nel tempo che viviamo, sempre meno il digiuno sembra avere un senso. Ci sottoponiamo volentieri a ogni tipo di diete, ma perché digiunare? Qual è il senso del digiuno cristiano?

Nella Scrittura, il digiuno è associato al pentimento, alla conversione, o alla purificazione in vista dell’incontro con il Signore (cf. Esd 8,21; Ne 9,1). Ma il digiuno può avere anche un fine perverso (cf. 1Re 21,9.12). Già i profeti avevano denunciato l’ipocrisia che può annidarsi nel digiuno (cf. Is 58,3.5), l’illusione di essere giustificati davanti a Dio e agli uomini con un’esibizione esteriore, trascurando la sostanza dei comandamenti divini e commettendo ingiustizie, ruberie, sopraffazioni. L’autentico digiuno è al contrario una pratica di giustizia e di liberazione verso i perseguitati, di solidarietà e accoglienza verso chi è nel bisogno (cf. Is 58,6-7).

Anche Gesù denuncia l’ipocrisia di chi crede di giustificarsi con il digiuno e le osservanze esteriori (cf. Lc 18,12). Ai farisei che lo criticano per l’inosservanza dei suoi discepoli, rivela che egli è lo sposo, il segno dell’amore di Dio per gli uomini. La sua parola, la sua presenza sono ciò che il discepolo deve saper vedere e ascoltare, di cui deve gioire. Egli dona il senso e la pienezza della vita. Finché è con loro, i suoi discepoli non digiunano. Ma nel tempo in cui i cristiani attendono la venuta del Signore, nella storia che viviamo, essi digiuneranno. Digiuneranno come Gesù stesso ha provato la fame nella sua carne, vincendo la tentazione di rispondere al bisogno più profondo dell’uomo con una strategia politica vincente, promettendo benessere a basso prezzo per ottenere consenso e potere: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane” (Lc 4,1-4; cf. Mt 4,1-4). I discepoli del Signore digiuneranno come Gesù ha digiunato per spogliarsi di ogni pretesa di dominio sull’altro; per andare al fondo del desiderio dell’uomo. Che è sì di avere del pane, ma non solo. C’è un’attesa che abita il cuore dell’uomo che nessun bene materiale può colmare.

Digiunando, ci è più facile percepirla. L’uomo vive della libertà, del riconoscimento della propria dignità, della speranza di una vita piena di senso per l’amore che può dare e ricevere. Digiunando ci è più facile capire la sofferenza di chi è spinto dalla fame a lasciare la terra, la famiglia, ad attraversare il deserto e la tortura per venire alle nostre porte; digiunando ci è più facile condividere il bisogno di chi cerca un lavoro, una vita degna di un essere umano; digiunando ci è più difficile trattare le persone come animali, lasciandole annegare al largo delle nostre spiagge.

Nel tempo dell’attesa del Signore della storia, i cristiani digiunano. Perché il Signore viene, viene a noi nel povero, nell’affamato, nelle persone che emigrano spinte dalla fame, dalla guerra, dalla desertificazione delle loro terre. Digiunando impariamo a non divorare la terra, a non saccheggiare il bene comune, a non lasciar morire il nostro prossimo.

Digiunando, attendiamo il ritorno dello sposo, impariamo a dare voce all’attesa di tutta la creazione (cf. Rm 8,19-23): un’ardente invocazione di libertà, di giustizia, di dignità e rispetto per ogni essere umano, per ogni creatura, per la terra intera che abitiamo.