Il Tempo Ordinario dell’Anno LiturgicoIl tempo che ci aiuta a vivere la fede nell’ordinario
L’anno liturgico ha avuto inizio con il tempo di ‘Avvento’ tempo che persegue una dupilice finalità:
1. risvgeliare nei credenti il desiderio delle realtà future con il ritorno del Signore alla fine dei tempi;
2. prepararci a rivivere nella fede il mistero dell’incarnazione del Signore.
Il tempo di natale che ha avuto inizio con i primi vespri della solennità del natale del Signore si conclude con i secondi vespri della festa del Battesimo di Gesù.
Concluso il tempo di Natale, ha inizio il tempo ordinario.
Spesso il tempo ordinario continua a essere ritenuto semplicemente “il tempo in cui non si celebra niente”. In realtà esso ha un significato “straordinario” per la vita della Chiesa, perché può aiutarla a vivere quelle dimensioni “ordinarie” della sua vita, che a volte rischiamo di dimenticare. Il tempo ordinario è forse una delle più grandi “novità” della riforma dell’anno liturgico seguita al Vaticano II. Se per altri tempi dell’anno liturgico infatti la riforma ha dovuto far emergere con maggiore chiarezza elementi che erano andati persi nel corso dei secoli, riformulare testi e gesti, recuperare la “verità” del tempo della celebrazione… per il tempo ordinario si è trattato invece di una vera e propria novità, o almeno un profondo ripensamento di quella parte dell’anno liturgico che non apparteneva al ciclo pasquale (quaresima, triduo, tempo di pasqua), né al ciclo della manifestazione (avvento, natale, epifania).Tuttavia dobbiamo chiederci quanto la novità introdotta dalla riforma liturgica sia stata accolta e recepita nella vita dei credenti e delle comunità. Spesso infatti il tempo ordinario continua a essere ritenuto semplicemente “il tempo in cui non si celebra niente”.
Non di rado purtroppo la sensazione di vuoto che si prova davanti al tempo ordinario porta a riempire le domeniche di mille iniziative (“domenica di…”) che si sovrappongono alla liturgia domenicale e che in qualche modo ne offuscano il senso più vero e autentico.
IL TEMPO DELLA SEQUELA
Il tempo ordinario è costituito da trentatré o trentaquattro settimane, distribuite tra la festa del battesimo del Signore e l’inizio della quaresima (primo periodo), e tra la settimana dopo pentecoste e la solennità di Cristo Re (secondo periodo). A differenza degli altri tempi liturgici, il tempo ordinario non celebra un particolare mistero della vita del Signore e della storia della salvezza, bensì il mistero di Cristo nella sua interezza. È il tempo per eccellenza della sequela e del discepolato, sulle orme di Gesù verso il compimento della storia (XXXIV domenica). Due elementi sono fondamentali per cogliere il significato e l’importanza del tempo ordinario: il lezionario, con la lettura semicontinua dei vangeli sinottici, e la domenica.
Il lezionario come “guida”
Il primo elemento che rivela il senso del tempo ordinario è costituito dalle Scritture che vengono proclamate nella liturgia. È il lezionario infatti che ritma il cammino delle domeniche e dei giorni feriali. Di domenica in domenica la Chiesa segue il suo Signore sulla via del “compimento di ogni giustizia” (Mt 3,15), perché essa diventi sempre più somigliante al suo maestro e sposo.
Nel tempo ordinario, come afferma l’Ordinamento delle letture della messa (OLM), l’elemento che, in modo ancor più significativo che negli altri tempi liturgici, costituisce il culmine e nello stesso tempo il cuore della liturgia della Parola è la lettura dei Vangeli. Sempre nella liturgia della parola dell’eucaristia l’elemento principale è costituito dal Vangelo (OLM, n. 13: «La lettura del Vangelo costituisce il culmine della stessa liturgia della Parola», proprio perché la celebrazione eucaristica è sempre celebrazione del mistero di Cristo che nel vangelo viene “narrato”. L’OLM al n. 10, mentre parla del nesso tra sacra Scrittura ed Eucaristia afferma: «Nella parola di Dio si annunzia la divina alleanza, mentre nell’Eucaristia si ripropone l’alleanza stessa, nuova ed eterna. Lì la storia della salvezza viene rievocata nel suono delle parole, qui la stessa storia viene ripresentata nei segni sacramentali della liturgia».
Se questo, come già abbiamo detto, vale per ogni celebrazione dell’Eucaristia, nel tempo ordinario tuttavia può manifestarsi con maggiore chiarezza. Nelle domeniche del tempo ordinario infatti, in ogni ciclo annuale, si segue la lettura di uno degli evangelisti sinottici. Nell’anno A Matteo, nell’anno B Marco, nell’anno C Luca, nella forma della lettura semicontinua. In ogni anno l’assemblea liturgica, “sacramento” della Chiesa, si confronta con il volto del suo Signore secondo la pluralità di tratti e di sguardi che ogni evangelista ci ha trasmesso. Infatti «questa lettura segue il successivo svolgersi della vita e della predicazione del Signore, secondo l’orientamento dottrinale proprio di ogni Vangelo» (OLM, n. 105).
Il mistero di Cristo, che celebriamo nel suo culmine nel triduo santo della passione, sepoltura e risurrezione del Signore, non è una realtà “limitabile” a questi eventi, ma riguarda ed è il senso di tutta la vita di Gesù. Il Signore infatti ha vissuto la sua donazione e la sua obbedienza al Padre non solo sul Calvario, ma in ogni suo gesto e in ogni sua parola. Per questo noi celebriamo il mistero di Cristo che dona la sua vita per l’umanità nella celebrazione della Pasqua, ma lo celebriamo anche nel tempo ordinario, quando nei brani evangelici siamo posti davanti al suo “camminare” sulle strade del mondo, la sua opera di liberazione dalla malattia e dalla morte, il suo annuncio della buona novella. Anche questo è celebrazione del mistero di Cristo al quale la Chiesa e i singoli credenti devono lasciarsi conformare.
La centralità e preminenza del Vangelo nel tempo ordinario viene sottolineata anche dal fatto che in questo tempo le prime letture tratte dall’Antico Testamento vengono scelte in base al brano evangelico, in modo che ci sia un rapporto di promessa-compimento, profezia-realizzazione… Questo rapporto tra Vangelo e Antico Testamento, che nasce dalla natura del rapporto tra scrittura e rito nella celebrazione dell’eucaristia, sottolinea e afferma «l’unità dei due Testamenti» (OLM, n. 106). In questo modo nel tempo ordinario, in una forma ancor più evidente rispetto agli altri tempi liturgici, la liturgia della parola diviene anche una scuola di formazione alla lettura delle sacre Scritture, tenendo conto della fondamentale e vitale unità dei due Testamenti. Un testo di Origene esprime in modo molto efficace questo rapporto tra Antico e Nuovo Testamento che anche la liturgia ci invita a cogliere: «Gesù ci proclama la Legge, quando ce ne rivela i segreti. Noi che apparteniamo alla Chiesa cattolica, infatti, non disprezziamo la legge di Mosè, ma l’accettiamo a condizione che sia Gesù a leggercela. Perché la legge noi la potremo capire correttamente se ce la “legge” Gesù, sì che durante la sua lettura noi percepiamo il pensiero di lui, il suo modo di intenderla» (Omelie su Giosuè, IX, 9).
Le seconde letture invece nelle domeniche di questo tempo liturgico seguono la lettura semicontinua dell’epistolario paolino, della lettera di Giacomo e della lettera agli Ebrei.
Anche nei giorni feriali del tempo ordinario si segue il criterio della lettura semicontinua dei testi biblici. Si leggono ogni anno i tre vangeli sinottici: Marco (settimane 1-9), Matteo (settimane 10-22), Luca (settimane 23-34), e una buona parte dell’Antico Testamento e degli altri testi del Nuovo Testamento nelle prime letture. Per quanto riguarda le prime letture, il lezionario è strutturato su due anni (pari e dispari). Anche per quanto riguarda le liturgie feriali le disposizioni della riforma liturgica circa il lezionario del tempo ordinario hanno cercato di sottolineare la dimensione di una Chiesa in cammino guidata dalla parola di Dio.
Celebrando nella sua globalità il mistero di Cristo di domenica in domenica, seguendo il suo Signore, sulla strada verso Gerusalemme, la Chiesa impara, “interiorizzando” le sue parole e i suoi gesti, la sequela nell’ordinarietà della vita che anche nei suoi “tempi ordinari” è trasfigurata e illuminata dalla luce pasquale.
Nelle ultime domeniche del tempo ordinario, e in particolare nella XXXIV, viene sottolineato il tema escatologico. In questo modo anche la dimensione escatologica, che poi sarà ripresa nel tempo di avvento, viene presentata come “tensione” sempre presente nella vita della Chiesa e come meta verso la quale il popolo di Dio in cammino è proteso (cf. OLM, n. 105).
La domenica
Il secondo elemento che caratterizza e segna il cammino della tempo ordinario è la domenica. Questo tempo liturgico infatti è quello che maggiormente, soprattutto dopo la riforma liturgica del Vaticano II, fa emergere l’importanza della celebrazione della domenica per la vita della Chiesa. La domenica, «festa primordiale» dei cristiani (Sacrosanctum Concilium, n. 106), nasce il mattino del giorno della risurrezione, il primo giorno dopo il sabato, e occupa un suo ruolo fondamentale durante tutto l’anno liturgico. Ad esempio nella II domenica di Pasqua, dove il tema del riunirsi “otto giorni dopo” per fare esperienza della presenza del Risorto in mezzo ai suoi discepoli, è particolarmente forte. Tuttavia nel tempo ordinario la Chiesa fa esperienza in un modo particolare della centralità della domenica per la sua vita. Infatti essa nel tempo ordinario, di domenica in domenica, celebra il giorno del Signore senza la compresenza di altri elementi della celebrazione del mistero di Cristo come accade invece negli altri tempi liturgici. Nel tempo ordinario la domenica è celebrata semplicemente in quanto domenica. Proprio per questo motivo in questo tempo dell’anno liturgico possono emergere con maggiore chiarezza ed evidenza i tratti fondamentali della domenica.
In questo giorno la Chiesa celebra la fonte della sua vita e la meta del suo cammino. La domenica, il primo giorno della settimana, è il primo giorno della creazione, quando Dio separò la luce dalle tenebre; questo giorno è inoltre “il primo giorno dopo il sabato”, giorno della risurrezione del Signore, e pertanto “primo giorno” della creazione rinnovata; infine la domenica è “l’ottavo giorno”, il giorno che, rompendo il ritmo settenario, esce dal tempo e annuncia la vita nuova ed eterna del Regno di Dio. Tutti questi tratti del “volto” della domenica sono raccolti in modo molto efficace in un testo liturgico, il Prefazio X per le domeniche del tempo ordinario:
«Oggi la tua famiglia, riunita nell’ascolto della tua Parola e nella comunione dell’unico pane spezzato fa memoria del Signore risorto nell’attesa della domenica senza tramonto, quando l’umanità intera entrerà nel tuo riposo».
Sacrosanctum Concilium al n. 106 afferma che il giorno del Signore «è il fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico». Questo “volto” della domenica nel tempo ordinario può manifestarsi in tutta la sua forza e così aiutare la Chiesa a vivere in questo giorno tutte quelle realtà che abbiamo ricordato sopra e che il testo liturgico del Prefazio X per le domeniche del tempo ordinario mette così chiaramente in evidenza. Tuttavia, perché questa indicazione del testo conciliare possa essere vissuta grazie alle caratteristiche proprie del tempo ordinario, è importante che non venga dimenticato un richiamo ben preciso che nel medesimo n. 106 la costituzione Sacrosanctum Concilium ci fornisce: proprio per l’importanza che la celebrazione della domenica ha per la vita della Chiesa e in rapporto all’anno liturgico «non le venga anteposta alcun’altra solennità che non sia di grandissima importanza». Purtroppo invece, come già abbiamo ricordato, spesso per motivi falsamente o debolmente pastorali la celebrazione della domenica nel tempo ordinario (e non solo!) viene oscurata da una infinità di altre iniziative o ricorrenze che certo non corrispondono alle “solennità di grandissima importanza” di cui parla il Vaticano II. Solo se la domenica viene vissuta semplicemente in quanto domenica, può divenire il luogo nel quale la comunità può sperimentarsi toccata e trasformata dall’azione di Dio e divenire così capace di innalzare il suo rendimento di grazie al Dio che ci «ha rigenerati nella speranza viva per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo dai morti» (1 Pt 1,3).
L’ordinario di cui abbiamo bisogno
Intorno a questi due assi portanti – centralità del lezionario e della domenica – la Chiesa nel tempo ordinario si può sperimentare in cammino, sostenuta dalla parola, sulle orme di colui che per lei e per l’umanità intera ha donato la sua vita. Celebrando così il mistero di Cristo nel tempo del suo pellegrinaggio, la Chiesa impara a conformare la sua vita a quella del suo Signore. Il tempo ordinario, che spesso viene considerato quasi un tempo minore, un tempo poco significativo, è invece il tempo dove si gioca in qualche modo la verità degli altri tempi, il tempo dell’ordinarietà e della quotidianità, il tempo della vita dei discepoli di Gesù che devono fare della Pasqua il criterio fondamentale della loro esistenza. Il tempo ordinario, se vissuto nella fedeltà al cammino che la liturgia ci propone, può divenire il tempo “custode” di quella “capacità di ordinarietà” di cui oggi forse noi e le nostre comunità abbiamo bisogno.