Ho il sospetto che specialmente lo Spirito Santo ami scherzare, farsi gioco delle nostre previsioni, smentire clamorosamente le nostre sentenze “inappellabili”, mandare all’aria i nostri rigidi schemi.
Sarebbe interessante scrivere la storia della Chiesa mettendo in evidenza gli scherzi compiuti dallo Spirito, ad esempio suscitando un san Francesco d’Assisi o un papa Giovanni.
“Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano” (Atti degli Apostoli 2,2). Per favore, non blocchiamo le serrature.
Almeno una volta, proviamo ad essere sbadati.
Lasciamo socchiuse porte e finestre, in modo che quel vento impertinente le sbatta fragorosamente e irrompa dentro combinando tutti gli scherzi che vuole.
Non facciamolo filtrare semplicemente attraverso le fessure che non riusciamo a tamponare.
Lasciamoci investire in pieno, a costo di ritrovarci stesi a terra, in pose un po’ goffe.
Permettiamo che sollevi tendaggi solenni, laceri i veli delicati, mitrie, parrucche e parrucchini, maschere, occhiali, rughe…
E se strappa qualche pagina dai nostri codici, dai severi testi teologici, se porta lontano i fogli dei discorsi già preparati, non rincorriamoli.
Il fuoco, poi, provvederà a incenerirli, e sarà un grosso guadagno per tutti.
Il vento “scherzoso” della Pentecoste sibila rabbioso, scompiglia, solleva, trascina, sconvolge, buffa, scombina, scuote, sradica, spazza, schiaffeggia.
È il suo mestiere.
Ma consentiamogli di farlo fino in fondo. Troppo spesso cerchiamo di amministrare lo Spirito, ridurlo a dimensioni di buon senso, dosarlo, regolamentarlo.
Ci illudiamo di farlo entrare per garantire l’ordine e la disciplina, avallare le decisioni già adottate, legittimare le scelte ormai fatte, svolgere la funzione di arbitro per i nostri giochi “giudiziosi”, con le regole accuratamente fissate da noi.
Proviamo ad accoglierlo come elemento di disturbo impertinente, insolente, di improvvisazione, vera ispirazione, disordine, sconvolgimento di tutte le regole prefissate, sparizione dei programmi già accuratamente definiti dopo discussioni interminabili e noiosissime, portatore di cose mai viste, mai sentite, mai sperimentate prima.
Preghiamolo, invochiamolo, supplichiamolo.
Ma poi, per carità, non corriamo ai ripari, non nascondiamoci nelle solite buche. Soprattutto, permettiamogli di scherzare…
Alessandro Pronzato, La nostra bocca si aprì al sorriso, 55-56