In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. […]
In apertura, un elenco di sette nomi affolla la pagina: Gabriele, Dio, Galilea, Nazaret, Giuseppe, Davide, Maria. Sette, il numero appunto della totalità, perché ciò che sta per accadere coinvolgerà tutta la storia, le profondità del cielo e tutto il brulichio perenne della vita. Un Vangelo controcorrente: per la prima volta nella Bibbia un angelo si rivolge a una donna; in una casa qualunque e non nel santuario; nella sua cucina e non fra i candelabri d’oro del tempio. In un giorno ordinario, segnato però sul calendario della vita (nel sesto mese…). Gioia è la prima parola: rallegrati! Vangelo nel Vangelo! E subito ecco il perché: Maria, sei piena di grazia. Sei riempita di cielo, non perché hai risposto “sì” a Dio, ma perché Dio per primo ha detto “sì” a te. E dice “sì” a ciascuno di noi, prima di ogni nostra risposta. Perché la grazia sia grazia e non merito o calcolo.
Dio non si merita, si accoglie. L’Altissimo si è innamorato di te e ora il tuo nome è: amata per sempre; come lei anch’io amato per sempre. Tutti, teneramente, gratuitamente amati per sempre. Amore è passione di unirsi: il Signore è con te. Espressione che avrebbe dovuto mettere in guardia la ragazza, perché quando si esprime così Dio sta affidando un compito bellissimo ma arduo (R. Virgili): chiama Maria a una storia di brividi e di coraggio. Maria, avrai un figlio, tuo e di Dio, un figlio di terra e di cielo. Gli darai nome Gesù (prima volta: solo il padre aveva il potere di dare il nome). E la ragazza, pronta, intelligente e matura, dopo il primo turbamento non ha paura, dialoga, obietta, argomenta. Sta davanti a Dio con tutta la dignità di donna, con maturità e consapevolezza, pone domande: spiegami, dimmi come avverrà.
Zaccaria ha chiesto un segno, Maria chiede il senso e il come. E l’angelo: viene l’infinito nel tuo sangue, l’immenso diventa piccolo in te, che importa il come? La luce che ha generato gli universi si aggrappa al buio del tuo grembo. Che importa come avverrà? E tuttavia Gabriele si ferma a spiegare l’inspiegabile, a rassicurarla: parla di Spirito sulle acque come all’origine, di ombra sulla tenda come al Sinai, la invita a pensare in grande, più in grande che può: fìdati, sarà Lui a trovare il come. L’ha trovato anche per Elisabetta. Lo sentirai nel tuo corpo, come lei. Lo Spirito poteva scegliere altre strade, certo, ma senza il corpo di Maria il Vangelo perde corpo, diventa ideologia o etica. Adesso ancora Dio cerca madri. Sta a noi, come madri amorevoli, aiutare il Signore a incarnarsi in questo mondo, in queste case e strade, prendendoci cura della sua parola, dei suoi sogni, del suo vangelo. Dio vivrà per il nostro amore.
Letture: 2 Samuele 7,1-5.8-12.14.16; Salmo 88; Romani 16,25-27; Luca 1,26-38
Ermes Ronchi
Avvenire
Il vangelo di Luca si apre con l’annunzio di due nascite: quella di Giovanni Battista e quella di Gesù. Sono nascite che indicano il compimento delle promesse di Dio anche in casi impossibili. Nel primo caso i genitori sono anziani e la madre è sterile, e nel secondo è una vergine che ancora non ha avuto rapporti con il proprio marito. Sentiamo come Luca, l’evangelista, ci descrive tutto questo. “Al sesto mese” – nel sesto mese, come nel sesto giorno, Dio completa la sua creazione – “l’angelo Gabriele” – Gabri-El significa “la forza di Dio” – “fu mandato …”, e qui questa volta la missione dell’angelo è tutta in salita, è difficile. Se prima è andato a Gerusalemme, nel santuario, nel momento più importante della vita di un sacerdote, appartenente a una delle classi più prestigiose del sacerdozio e ha trovato soltanto incredulità, il sacerdote non ha ascoltato la parola, e per questo è rimasto senza parole da comunicare al popolo.
Ebbene, ora invece la situazione si presenta difficile, va in una città della Galilea; questa regione era talmente disprezzata che il termine Galilea viene dal disprezzo con il quale il profeta Isaia chiama questo luogo il distretto da qui Ghelil in ebraico la nostra Galilea, il distretto dei pagani. “Chiamata Nazareth” – Nazareth è un piccolo paese mai citato nella Bibbia – “ad una vergine promessa sposa”. Nella lingua italiana non abbiamo l’equivalente termine per indicare il rito matrimoniale ebraico, il matrimonio ebraico si svolgeva in due tappe: la prima che chiamiamo sposalizio quando la ragazza aveva dodici anni e il maschio diciotto serviva a valutare la forza, la capacità della ragazza di fare figli e quindi stabilirne la dote. Poi, dopo questa cerimonia dopo la quale erano marito e moglie, ognuno tornava a casa sua e un anno dopo la ragazza veniva portata nella casa del marito e lì incominciava la convivenza.
Quindi la prima parte del matrimonio si chiama lo sposalizio la seconda le nozze, quindi è una vergine già sposata a “un uomo della casa di Davide di nome Giuseppe, la vergine si chiamava Maria”. “Entrando da lei disse: Rallegrati” – quindi quest’angelo di Dio la invita alla pienezza della gioia – “piena di grazia”. “Piena di grazia” non è una costatazione che l’angelo fa delle virtù di Maria, ma dice che è stata riempita della grazia di Dio, e la saluta come venivano salutati i grandi personaggi che hanno compiuto azioni importanti per la storia del popolo, come per esempio Gedeone, “il Signore è con te”. Maria viene turbata da quest’annuncio, anche perché in quell’epoca si pensava che Dio non avrebbe mai rivolto la parola ad una donna. La donna era considerata la più lontana da Dio, e l’angelo le dice: “Non temere Maria perché hai trovato grazia presso Dio”.
Grazia non è una constatazione di virtù di Maria, ma l’amore che Dio ha riversato su questa donna. “Ecco concepirai un figlio” – e inizia la prima delle trasgressioni che caratterizzano il vangelo di Luca – “lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”. Contro ogni tradizione, non spettava alla donna dare il nome al figlio, era il padre che normalmente dava al figlio il proprio nome, così si perpetuava. Qui inizia giù la rottura con la tradizione.
Il primo indizio delle tante rotture della tradizione che poi Gesù porterà a compimento. “Sarà grande, verrà chiamato Figlio dell’Altissimo”, Giuseppe è escluso da tutto questo. Perché Giuseppe viene escluso? Perché il padre non trasmetteva soltanto la vita fisica, biologica, ma trasmetteva anche la tradizione, trasmetteva anche la spiritualità, ecco in Gesù c’è una nuova creazione, Lui sarà il Figlio di Dio, seguirà il Padre, e annuncia l’angelo a Maria, che in Gesù avranno luogo pieno il compimento delle promesse che Dio aveva fatto al suo popolo, di un regno senza fine.
Maria? Maria accetta, vuole sapere soltanto le modalità, dice: come avverrà questo perché non conosco uomo. Perché non era ancora passata nella seconda fase del matrimonio. Nella prima fase non era permesso avere rapporti con il marito. “Rispose l’angelo: lo Spirito Santo”, la presenza di Maria in questo vangelo si apre e si chiude all’insegna dello Spirito, Maria è la donna dello Spirito. Su di lei all’annunciazione scende lo Spirito Santo, e poi l’ultima volta la troveremo nella parte del vangelo di Luca chiamata gli Atti degli Apostoli, al momento della Pentecoste, quindi Maria è la donna dello Spirito. Lo Spirito Santo significa che in Gesù si manifesta la vera e nuova definitiva creazione. “Scenderà su di te la potenza dell’Altissimo, ti coprirà con la sua ombra perciò colui che nascerà sarà Santo” – cioè consacrato – “sarà chiamato Figlio di Dio”, sta dicendo che sarà il Messia.
E come garanzia, come prova di quanto l’angelo sta assicurando a Maria le dice che Elisabetta, sua parente, la moglie di Zaccaria, “nella sua vecchiaia”, quindi l’evangelista sottolinea la difficoltà di questa realizzazione, ma Dio è fedele alle sua promesse nonostante ogni difficoltà. Solo che il compimento delle promesse esige collaborazione da parte dell’uomo, con l’ascolto della sua parola, con il fidarsi, e Zaccaria non si è fidato, e soprattutto con l’agire. “Ecco Elisabetta ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei che era detta sterile”. Vecchiaia e sterilità non sono problemi per l’azione del Signore, per realizzare i suoi progetti. Perché nulla è impossibile a Dio. La forza creatrice di Dio non ha limiti, però esige la collaborazione dell’uomo che come abbiamo detto deve ascoltare la sua parola, fidarsi di questa parola, e poi agire di conseguenza.
“Allora Maria disse: ecco la serva”, Maria non dice che è una serva del Signore, dice che è la serva, nei testi biblici Israele viene chiamato il servo del Signore, quindi Maria si viene ad identificare, rappresentare quelli che sempre si sono fidati del Signore, l’Israele del Signore. E qui c’è l’altra trasgressione con la quale si chiude questo brano, “avvenga di me secondo la tua parola”. Come si permette Maria di accettare questa proposta senza aver consultato e ottenuto il permesso da parte del padre o del marito? Era inconcepibile in una cultura del genere che una donna prendesse una qualsiasi decisione senza il permesso, l’autorizzazione da parte del maschio di casa. Ecco Maria continua questa trasgressione: sarà lei a dare il nome al figlio, e sarà lei che decide senza chiedere nulla al marito né al padre. Quindi il vangelo di Luca si apre con questa novità di aprirsi al nuovo di cui Maria, la donna dello Spirito è l’esempio eclatante.
P. Alberto Maggi
Il dialogo