IV domenica di Quaresima: il cieco nato. Il cammino di Arianna e di tutti noi verso l’illuminazione

La domenica del cieco nato

Dopo la domenica della “Samaritana” ecco un altro testo di importanza capitale capitale, nel nostro itinerario verso la Pasqua: la domenica del “Cieco nato”, secondo l’antica denominazione, che dava il nome alle domeniche a partire dai personaggi dei vangeli. Dopo il tema della sete e dell’acqua, ecco un secondo tema: quello della cecità e della luce, altra tappa del cammino verso il battesimo di Arianna e di riscoperta di questo dono per tutti noi. La presenza di una catecumena, oramai adolescente, è dono e allo steso tempo provocazione per noi per chiederci quali luci illuminano e guidano il nostro cammino e verso quali mete. Quali passaggi sono necessari in questo tempo della storia del mondo per godere di una luce che illumina e non acceca.

Anche in questo brano, un passaggio, da una situazione di bisogno, dall’esperienza di una ferita, a una situazione nuova, ad una rinascita. E, come sappiamo, il cammino proseguirà con la prossima domenica, la domenica di “Lazzaro”, in cui il tema centrale sarà quello del passaggio dalla morte alla vita.

Cecità e luce: ecco dunque i temi di questa domenica che, riprendendo l’antifona d’ingesso, viene detta anche “domenica laetare”, dunque una domenica in cui, al cuore del cammino quaresimale, siamo invitati a rallegrarci.

Cecità e luce ci rimandano al tema del vedere. L’evangelista Giovanni, ci invita a considerare che ci sono tanti modi di vedere e di non vedere. Ci sono tante ragioni per cui abbiamo bisogno di imparare a vedere e di chiedere la luce per saper distinguere. La vista è proprio come la sete, su cui abbiamo riflettuto la scorsa settimana. Ci sono tante seti e abbiamo bisogno di imparare a vivere e a discernere le nostre seti. Così è anche del vedere. Il cieco sembra essere uno (il cieco nato) ma, come si evince dal vangelo, il testo ci parla di varie cecità, di cui abbiamo bisogno di prendere coscienza per liberarcene. Ci accorgiamo infatti che, accanto al cieco che torna a vedere, ci sono tanti altri ciechi (afflitti da diversi gradi di cecità) che restano tali, come Gesù ammette amaramente alla fine del brano rispondendo a quei farisei che, rimasti scandalizzati da quello che Gesù ha appena affermato, gli chiedono: “Siamo ciechi anche noi?” (v. 40). Ecco è la domanda che anche noi vogliamo rivolgere al nostro cuore, proseguendo l’itinerario che stiamo seguendo in questa quaresima, in cui ci stiamo interrogando su ciò che ci abita, ciò che abita le nostre profondità. Cosa ci abita? Abbiamo visto le parole che ci tentano (prima domenica), la parola della nostra vocazione (seconda domenica), la sete nelle sue forme (terza domenica), ora vogliamo anche misurare il nostro cuore sullo sguardo che è il nostro? Quale sguardo ci abita? Quali cecità di opprimono? Siamo ciechi anche noi? La proposta delle Qurantore che vivremo in parrocchia nei prossimi giorni, sia un tempo di ascolto di Dio che, attraverso la sua Parola, apre i nostri occhi alla verità di noi stessi  e alla vera prospettiva dell’esistenza.

Alla fine di questo brano così ricco e denso, viene da chiedersi: ma allora chi era il vero cieco in questa storia? Tanti ciechi! Tanti modi di essere ciechi, ancora per noi oggi. Tante cecità da cui abbiamo bisogno di essere liberati: la cecità di chi riduce gli altri a “casi”, la cecità che nasce dalla superficialità, la cecità del legalismo, la cecità frutto della paura… Tutte queste cecità non solo ci impediscono di vedere, ma provocano anche violenza.

            Ma il Signore può illuminare le nostre cecità, come ha fatto con l’uomo cieco, e tramite lui con gli altri. Può ricrearci, se però sappiamo riconoscerlo come il Figlio dell’uomo, se accettiamo di non barricarci nelle nostre difese precostituite, nei nostri alibi, nelle nostre comodi paure. Se abbiamo il coraggio di uscire allo scoperto e di accogliere il Signore che ci viene incontro come “luce del mondo”.

don Alessandro