“La morte di mio padre mi ha insegnato il coraggio nella debolezza”. La testimonianza del cantautore Nek

Il monologo tenuto dal cantautore nel programma Le Iene, in occasione dell’uscita del nuovo singolo. “Non è facile, ma se impariamo ad accettarle anche le cose brutte possano trasformarsi in opportunità di riscatto”.

Ieri sera, 15 novembre 2022, il cantautore Nek, all’anagrafe Filippo Neviani, è stato ospite del programma Le Iene dove ha tenuto un monologo ispirato dalla sua storia personale. Al centro del suo discorso “il coraggio della debolezza” (che sembra un paradosso) ovvero la capacità di accettare il cambiamento e quelle che apparentemente sembrano sconfitte ma che in realtà possono diventare opportunità.

Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte. 

(2 Cor 12, 9-10)

Nek al suo primo Sanremo: la mia canzone fu massacrata

L’artista, in occasione del lancio del nuovo singolo “La teoria del caos”, ha partecipato al programma raccontando cosa provò nel 1993 durante il Festival di Saremo quando iniziarono a piovere critiche sulla sua canzone giudicata contro l’aborto.

Nel 1993 ho esordito a Sanremo con In Te. Quella canzone fu accusata di essere contro l’aborto, e venne massacrata ancor prima che la cantassi. Salii sul palco ma la voce non usciva. Pippo Baudo mi gridava: “Devi usare il diaframma”. Volevo scomparire. Quella sera, per la prima volta, ho scoperto un coraggio che non credevo di avere e che mi avrebbe accompagnato nella carriera e nella vita. Anziché farmi distruggere dalle critiche feroci, ho smentito chi sperava che fossi solo una meteora.

Il legame con la famiglia e la fede

Nek si classificò al terzo posto, il pubblico apprezzò quel brano e da quel momento ebbe inizio la sua straordinaria carriera.

Filippo, sposato con Patrizia Vacondio, padre di due figlie, Martina e Beatrice, ha conosciuto sua moglie nel 2006 a Sassuolo, città natale di entrambi. Un amore grande che ha stravolto le loro vite. Ma ad un certo punto la tempesta mette alla prova la loro relazione, tutto sembra vacillare e invece con la grazia del perdono la coppia riesce a superare la crisi e procede avanti più unita che mai condividendo il cammino di fede all’interno della Comunità Nuovi Orizzonti.

Quando è morto mio padre ho scoperto il coraggio della debolezza

Nel monologo ha condiviso un momento difficile della sua vita: la morte del padre.

Anni dopo, quando è morto mio padre,il dolore mi ha messo di fronte a una grande verità:non sarei mai più stato la stessa persona. E anche in quella occasione mi ha aiutato il coraggio, ma un coraggio diverso: quello della debolezza. Il coraggio di accettare il cambiamento. Ho trasformato la sua assenza in presenza e ogni giorno mio padre lo ritrovo nelle piante del suo giardino, nel profumo del suo bosco, nel Lambrusco che bevo con gli amici.

“Il coraggio della debolezza”, l’esperienza di scoprirsi vulnerabili e di trovare nella fragilità il senso della vita. Saper accogliere ciò che accade, abbracciare pure le situazioni che fanno soffrire perché sono parte della nostra esistenza e hanno qualcosa da dirci su noi stessi e sugli altri.

Nek parla dell’incidente che gli ha squarciato la mano

Infine il cantante racconta un episodio recente che lo ha particolarmente messo alla prova: un incidente alla mano che poteva compromettere irrimediabilmente il suo mestiere. Nello sconforto e nella paura Nek sceglie di credere alla speranza. Conserva nel cuore la fiducia, certo che qualcosa di buono accadrà.

“Ho avuto fiducia che nel buio si potesse accendere una luce”

È successo anche due anni fa, quando con la sega circolare mi sono squarciato la mano. La mano per un musicista è tutto: cosa sarei stato io senza la musica? Dopo lo sconforto iniziale ho raccolto il coraggio rimasto: ho accettato che, forse, ci sarebbe stato un nuovo Filippo, diverso. Ho avuto fiducia che nel buio si potesse accendere una luce. Ed è andata bene, perché questa sera, tra poco, canterò per voi. Non è facile, ma se impariamo ad accettarle, anche le cose brutte possano trasformarsi in un’opportunità di riscatto. È una lezione che dovevo capire tanti anni fa: dal dolore per un addio è nata “Laura non c’è” e da quel dolore, in cui tanti innamorati si sono riconosciuti, è nato il legame che mi unisce a tutti voi.