La sera di quello stesso giorno, che era il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» E, detto questo, mostrò loro le mani e il costato. I discepoli dunque, veduto il Signore, si rallegrarono. Allora Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre mi ha mandato, anch’io mando voi». Detto questo, soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti».
L’annuncio di pasqua arriva nel chiuso delle nostre case, proprio come quella prima pasqua. Giovanni ci racconta che quel mattino di solo una donna audace osò recarsi al sepolcro alla ricerca dell’amato perduto…
Sembra il setting ideale per celebrare la pasqua ai tempi del coronavirus: lei prova a cingerlo, lui si sottrae all’abbraccio “non mi trattenere”…
Sono arrivati ai discepoli gli echi di quella giornata concitata? E’ penetrata un po’ di luce nella disperazione per la morte del maestro? Non sembra. A sera, a fine giornata, i discepoli sono insieme, ma non per celebrare, piuttosto per nascondersi, per sottrarsi al pericolo.
E così, più di duemila anni dopo, ci ritroviamo nella stessa situazione: anche noi chiusi in casa per paura. I discepoli per paura dei capi religiosi, noi per paura del contagio. Nostro malgrado, in questo disagio, con i nostri culti sospesi, scopriamo di essere ancora più vicini a quella prima pasqua e sentire come la parola di speranza risorge dalle ceneri della paura.
In casa, a porte serrate, il mondo, con i suoi rischi, i suoi contagi,le sue brutture, cerchiamo di lasciarlo fuori. Ci provano i discepoli barricati dentro le mura domestiche. Nessuno di loro è stato ancora arrestato, il loro Signore non lo ha permesso. Si è consegnato senza porre resistenza affinché a nessun altro fosse fatto del male. Più di ogni altro vangelo Giovanni insiste su questo aspetto: quando il gruppo del nazareno viene fermato, nessuno viene arrestato con Gesù. Tutti i discepoli vengono lasciati andare.
Rileggiamo assieme questo passaggio al cap. 18 perché ci aiuta a comprendere qualcosa sul senso della morte di Gesù:
“Ma Gesù, ben sapendo tutto quello che stava per accadergli, uscì e chiese loro: «Chi cercate?» Gli risposero: «Gesù il Nazareno!» Gesù disse loro: «Io sono»…
Egli dunque domandò loro di nuovo: «Chi cercate?» Essi dissero: «Gesù il Nazareno». Gesù rispose:- «Vi ho detto che sono io; se dunque cercate me, lasciate andare questi». E ciò affinché si adempisse la parola che egli aveva detta: «Di quelli che tu mi hai dati, non ne ho perduto nessuno»”.
Insistentemente, Gesù dice ai soldati: “Sono io quello che cercate”. come a dire: “prendete me, è me che volete, loro lasciateli andare, non centrano niente”.
Quando diciamo che Gesù è morto per noi, vorrei che ripensassimo a questa scena: Gesù che fa scudo con il suo corpo perché nessuno dei suoi si faccia male, Gesù che si consegna chiedendo come unica condizione che i suoi siano lasciati liberi. Come una madre fa scudo con il proprio corpo per salvare il figlio, così Gesù si pone nel mezzo della battaglia per salvare i suoi amici. Un atto d’amore, un gesto generoso. “E’ morto per noi” significa soprattutto questo: ha dato la sua vita per salvare la nostra. Non è strano che per sgominare un gruppo di ribelli rivoluzionari abbiano arrestato solo il capo? La chiesa, nei secoli si interrogherà sul senso della morte di Gesù, ma Giovanni ci porta già nella direzione del gesto d’amore di una madre: per proteggere i suoi. Se in Gesù vediamo il volto di Dio allora Dio è disposto a lasciarsi arrestare,torturare pur di farci mettere in salvo. Non un Dio che si aspetta da noi sacrifici, ma un Dio disposto a sacrificarsi per darci la vita. Egli sembra convinto che la nostra vita valga più della sua. Incredibile!
Poi l’annuncio della risurrezione: la tomba vuota, l’incontro con Maria che annuncia: “ho visto il Signore”. Echi lontani, ma a sera, i discepoli sono ancora spaventati, barricati in casa per tenere fuori il pericolo. E Gesù li raggiunge nel chiuso delle loro paure.
Come oggi raggiunge ognuno di noi nel chiuso delle nostre case. La speranza pasquale non teme le chiusure. Gesù oggi, come ieri, viene in mezzo a noi e ci annuncia la pace: Pace a voi. Abbiamo bisogno di pace in questo assedio non è vero? La sua pace non nega la difficoltà della situazione: Gesù mostra i segni della crocifissione ai suoi per farsi riconoscere, ma anche per non far finta che nulla sia accaduto. E poi soffia, soffia il suo spirito…una strana pentecoste che non rispetta i tempi liturgici e che richiama la prima pagina della Bibbia: Dio che soffia nelle narici umane. In quel soffio si rigenera la speranza e nasce la chiesa. I paurosi, gli sconfitti, ricevono lo spirito di Cristo per ritornare a vivere. E il primo atto? Il primo vagito di questa nuova umanità? Il perdono. Perdonarsi a vicenda. Siamo creature fragili, codarde, incoerenti. Sbagliamo, ci feriamo, ma se impariamo a perdonarci reciprocamente e a perdonare noi stessi saremo davvero persone pasquali, rimodellate dal risorto. Oggi, nel chiuso della tua casa è entrato Dio, nel risorto. Ha soffiato su di te, ti ha chiesto di far pace con i tuoi errori e ti affida il ministero della riconciliazione. Lasciati perdonare, perdona a tua volta e sarà pasqua tutti i giorni, vita ritrovata.
Lidia Maggi