Lettera di don Alessandro per la Settimana Santa 2020

A tutta la Comunità parrocchiale di

Vergine di Montserrat e sant’Anna

MARRUBIU 

Carissimi parrocchiani e amici,

nell’imminenza della Pasqua e della Settimana Santa, sento il bisogno di sentirmi vicino a ciascuno di voi in questo momento che stiamo, drammaticamente, vivendo.

Non nascondo il disagio e la sofferenza di una lontananza fisica dalla mia Comunità e dalla mia chiesa parrocchiale, in questi giorni, vuota e silente, divenuta, paradossalmente, espressione eloquente della nostra preghiera che sale a Dio dalle nostre case.

Vivremo la Pasqua del 2020 dentro il dramma del Coronavirus con tutto il suo carico di morte, di sofferenza e di limitazioni pesanti per la vita delle persone, delle famiglie, dell’intera società. 

Per quanto riguarda le mie condizioni di salute, a seguito dell’intervento al cuore dello scorso 20 febbraio, su indicazione dei medici che seguono il mio decorso e la mia convalescenza, non potrò essere con voi in occasione della Pasqua. Per tutta una serie di ragioni sanitarie, al fine di favorire una piena riabilitazione e la ripresa dei miei impegni ministeriali, trascorrerò ancora qualche tempo in una struttura sanitaria, a Roma. Il decorso post operatorio, come sapete, si è rivelato più lungo del previsto a motivo di complicazioni di vario genere che mi stanno trattenendo ancora nella struttura dove sono ricoverato per la riabilitazione. Non posso nascondere che ho temuto il peggio, ma con la serenità che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8, 28-30); pur  tuttavia, in certi giorni, ho avvertito sulla mia pelle la fragilità della vita, l’importanza delle relazioni e la preziosità della fede. Ora sto decisamente meglio in tutti i sensi e nutro la speranza di potervi riabbracciare insieme ai miei familiari  e amici che mi hanno seguito giorno per giorno.

Per una misteriosa coincidenza, il dramma del Coronavirus-Covid-19 è coinciso con il tempo della  mia malattia e ha costretto tutti noi a vivere forti limitazioni e restrizioni di vario genere anche nella comunicazione. 

Ho, comunque,  avvertito il desiderio di fare qualcosa che ci portasse a vivere una qualche forma di vicinanza attraverso proposte pastorali anche a distanza, ma che non si sono potute realizzare per disposizioni governative  sopraggiunte.

Ora, dopo le indicazioni della Congregazione del Culto Divino, della Presidenza della CEI e del nostro vescovo padre Roberto, relative alle modalità celebrative dei riti della Settimana Santa, la stessa Pasqua quest’anno si presenta sempre come luce che, nonostante le limitazioni del popolo alle celebrazioni, illumina il grigiore dei numerosi contagi ancora in atto, le tante vittime del virus  e il dolore vivo, anche nella nostra Comunità, per la perdita  di familiari e amici. 

L’accorata preghiera di Papa Francesco la sera di venerdì 27 marzo, in una piazza San Pietro deserta, ci ha aperto alla speranza e alla forza dell’invocazione a Dio che ci accompagna e dispone i  nostri giorni nella certezza che Lui rimane con noi nelle tempeste della vita.

Ci accompagna certamente la tristezza di non poter vivere le  celebrazioni della Settimana Santa e soprattutto del Triduo pasquale,  fonte, centro e culmine dell’anno liturgico e della vita della Chiesa;  ma poiché sono a rischio la vita e la salute di tutti, tutti siamo tenuti ad osservare scrupolosamente le disposizioni emanate dal Governo per il bene di tutti. 

In questa scelta, imposta dalle attuali vicende drammatiche, che chiede alle nostre comunità di “digiunare dalle celebrazioni e dall’Eucaristia”, una buona e consolante indicazione ci viene dalla tradizione antica della Chiesa: fino al V secolo, e ne sono testimoni i Padri della Chiesa Ambrogio e Agostino, la Pasqua veniva infatti celebrata con tre giorni di digiuno non solo dal cibo materiale ma anche da quello eucaristico. Non c’era alcuna celebrazione liturgica ed il digiuno aveva un valore liturgico-cultuale “perché lo sposo è stato tolto”; cosi si commemorava la morte e la sepoltura di Gesù, per poi  rivivere la risurrezione con il cibo pasquale dell’Eucaristia. 

A seguito degli orientamenti ricevuti, siamo, pertanto, tenuti a celebrare la Pasqua in un modo assolutamente straordinario. Vorrei però sottolineare con forza che la Pasqua si celebrerà e noi tutti, Popolo santo di Dio, non potremo che godere il frutto della morte e risurrezione di Gesù, pur non partecipando fisicamente alle celebrazioni pasquali. Ci accompagna la certezza che la fede è fondamento del  vero culto gradito a Dio,  supera il linguaggio rituale delle nostre celebrazioni e, attraverso lo Spirito Santo, ci fa gustare, la grazia e il perdono, la salvezza e la speranza, la gioia e la pace che scaturiscono dalla morte-sepoltura-risurrezione del Signore. 

Questi doni sono presenti nella misura in cui li viviamo nella fede in Gesù, nell’amore per lui e per i fratelli, nella riscoperta della preghiera personale e familiare, nel desiderio di essere raggiunti dalle celebrazioni della Chiesa anche se si svolgono in maniera “privata”, o meglio “riservata”. Il Signore risorto, d’altronde, vive in noi, cammina con noi ed è accanto a noi; e quando potremo comunicare pienamente con lui nell’Eucaristia, celebrata insieme alla nostra comunità, la gioia sarà ancora più piena e più grande. 

In tutte le chiese, pertanto, le celebrazioni della Settimana Santa saranno “senza popolo” e a “porte chiuse”.

A Marrubiu e a Sant’Anna, a motivo della mia assenza, non si potranno celebrare la domenica delle Palme e il Triduo Pasquale. Al fine di dare un segno di vicinanza e comunione, la mattina di Pasqua, nella nostra chiesa parrocchiale, don Daniele, un giovane presbitero di Terralba, celebrerà alle 10.30 la solenne Eucarestia di risurrezione, preceduta dal  suono delle campane a e dalla benedizione e accensione del nuovo Cero Pasquale. A questa Eucarestia, al fine di garantire una minima ministerialità liturgica, parteciperanno alcuni confratelli autorizzati e chi si occupa del servizio della sacrestia.

Saremo invitati ad unirci alle celebrazioni presiedute dal nostro Vescovo a da Papa Francesco, mediante i media e la diretta televisiva. 

Anche La Liturgia delle Ore, d’altra parte, offre da sempre indicazioni preziose per la situazione in cui ci troviamo: afferma, infatti, che quanti non possono partecipare alle Liturgie del Giovedì e Venerdì Santo celebrano il vespro; chi non partecipa alla Veglia pasquale celebra l’Ufficio delle letture con una ricchezza di testi patristici di grande contenuto e nutrimento teologico e spirituale.

Viene da domandarsi:  come godere, almeno in parte, la gioia che annuncia la vita nuova e la speranza per il tempo che verrà? Gli eventi della vita, le circostanze liete e tristi, molte volte, ci rivelano insegnamenti preziosi che la Chiesa da sempre propone come aspetti essenziali per poter gustare la gioia dell’Eucarestia quale convocazione della famiglia dei figli di Dio.

Siamo invitati, pertanto, a riscoprire e valorizzare la preziosità di una semplice preghiera in famiglia tutti insieme, magari con l’aiuto di qualche sussidio che può essere scaricato dal sito parrocchiale. La creatività dello Spirito, spesso bloccata da un ritualismo delle nostre celebrazioni liturgiche, potrebbe aiutarci a riscoprire il valore e la condizione dell’interiorità sull’eccesso di esteriorità e protagonismo, spesso presenti nelle nostre celebrazioni. 

Nel pomeriggio sarà bello leggere insieme quanto avvenne la sera di Pasqua ai due discepoli di Emmaus (Luca 24, 13-35) che ritrovarono la gioia e la speranza nell’incontro con Gesù risorto: anche noi abbiamo bisogno di dire a Gesù: «Resta con noi, Signore, perché si fa sera».

Per quanto riguarda il sacramento della Riconciliazione, come recentemente ribadito dallo stesso Papa Francesco, si ricorda che in caso di estrema necessità l’invocazione sincera, accorata del perdono di Dio, accompagnata  dal desiderio di ricevere il sacramento della Penitenza appena possibile, da se stesso comporta immediatamente la riconciliazione con Dio. Se si verifica l’impossibilità di accostarsi al sacramento della Penitenza, anche il votum sacramenti, ovvero, anche il solo desiderio di ricevere a suo tempo l’assoluzione sacramentale, accompagnata da una preghiera di pentimento (il “Confesso a Dio onnipotente”, l’Atto di dolore, l’invocazione “Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, abbi pietà di me”) comporta il perdono dei peccati, anche gravi, commessi. (cfr. Concilio di Trento, Sess. XIV, Doctrina de Sacramento Pænitentiæ, 4 [DH 1677]; Congregazione per la Dottrina delle Fede, Nota del 25 novembre 1989; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1451-1452).

Con la certezza che anche in questa Pasqua faremo esperienza di quella vita nuova che continua a discendere per tutti dalla croce gloriosa di Gesù, vogliate gradire il mio sincero e affettuoso augurio, il mio sentito e commosso ringraziamento per la vostra vicinanza nella mia malattia e la rinnovata disponibilità a volervi servire con più amore e passione evangelica.

Nell’esprimervi ancora una volta il mio affetto e la mia commossa gratitudine auguro a tutti una Pasqua di speranza e di vita nuova.

Roma, 01 aprile 2020

don Alessandro