L’uomo si rialza, riparte, riprende il cammino, perchè è calamitato verso una realizzazione piena della sua vita e della sua storia personale, fatta di relazioni e di affetti.
Alzati e cammina” è un’espressione che si ripete tante volte nel Vangelo: condensa in sé il senso autentico del Natale, che è rinascita a vita nuova, e coglie un bisogno profondo del nostro animo. Tutta la nostra vita è costellata di cadute e fallimenti: una malattia, la perdita di una persona cara, una separazione, una delusione nell’amicizia, un insuccesso professionale, un trasferimento non voluto, un progetto personale o una speranza collettiva, andati a monte: dentro, però, sentiamo sempre una forza più grande, che spinge a rialzarci e a riprendere il cammino. Chi non sente, ogni volta, il bisogno di ricominciare e di ripartire, cioè il bisogno di una rinascita, sia personale che collettiva? “Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati” (Pablo Neruda). Apriamo le pagine del Vangelo e scopriamo che tutta la vita e il messaggio di Gesù contengono un tessuto continuo di ripartenze: per venti volte ricorre la parola: “alzati” (dal paralitico alla figlia di Giairo, dal figlio della vedova di Nain a Lazzaro, ecc.). Dopo la malattia, la colpa, il fallimento, la morte, nessuno è perduto per sempre. “Dove l’uomo dice: ‘perduto’, Dio dice: ‘trovato’. Dove l’uomo dice: ‘finito’, Dio dice: ‘nuovo inizio’. Dove l’uomo dice: morto, Dio dice: tornato in vita” (D. Bonhoeffer). Il segreto nascosto rivelato dal Vangelo è che “c’è un movimento di amore, dentro la vita, che non le permette mai di stare ferma e che la rimette in moto, dopo ogni morte e la rilancia dopo ogni scacco” (E. Ronchi).
L’uomo si rialza, riparte, riprende il cammino, perchè è calamitato verso una realizzazione piena della sua vita e della sua storia personale, fatta di relazioni e di affetti. Natale ci dice che “il verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”: Dio nasce come uomo, perchè l’uomo nasca a figlio di Dio e si apra ad una esistenza nuova. La volontà di Dio coincide con la massima aspirazione dell’uomo: la vita felice e la vita totalmente realizzata. La molla che scatta dentro, per ricominciare e ripartire, nasce da questo bisogno di vita piena, che abbiamo nel nostro DNA. Nel colloquio con Nicodemo, Gesù spiega come realizzare questa nuova nascita: l’uomo può rinascere solo “dall’alto”, se si apre all’azione dello Spirito e si lascia attirare dall’amore del Padre. Se la religione è lo sforzo dell’uomo per raggiungere Dio e obbedire alle sue leggi, la fede, invece, è rispondere all’innamoramento di Dio per l’uomo. “Io sono la vite, voi i tralci”: cioè uno stesso tronco, una stessa vita, un’ unica radice, una sola linfa. “Rimanete in me ed io in voi”: Dio cerca la comunione con l’uomo; questa è la sconvolgente rivelazione del Vangelo. In questo mondo, ormai secolarizzato e indifferente alle domande di senso sulla vita e sulla morte, e dove il discorso sulla fede diventa sempre più irrilevante, noi cristiani possiamo rendere “ragione della speranza che è in noi”, offrendo semplicemente la nostra testimonianza: quanto mai necessaria, oggi, contro i rischi crescenti di disumanizzazione dell’uomo.
La Parola del Vangelo porta alla luce un desiderio che noi esseri umani portiamo dentro, perchè corrisponde e coincide con quello che sentiamo, nel profondo di noi stessi. Quante volte, ascoltando il Vangelo, abbiamo sentito proprio quelle parole che avremmo voluto sentirci dire: “Beati i miti, perchè erediteranno la terra” – “Non vi chiamo più servi ma vi chiamo amici” – “Voglio che la vostra gioia sia piena” – “Voglio che abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” – “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” – ed altri innumerevoli passi. La Parola di Dio, inoltre, mi dà il carburante, per iniziare un cammino nuovo; mi dà la passerella, per attraversare i burroni che incontro,nel tragitto della mia esistenza; mi dà uno sguardo alternativo sulla realtà; mi fa andare oltre il cortile dei miei bisogni; mi fa vedere l’immensa prateria dei bisogni e delle sofferenze altrui; mi fa capire che il culto dell’avere e del possedere corrode alle basi la società e la fraternità umana; mi fa vedere che il valore di una persona sta al di là della funzione o del ruolo, che occupa; mi fa capire che tutte le diversità sono preziose, perchè rendono più tolleranti ed umani; mi fa sperimentare che la felicità non sta in quello che gli altri possono fare per me ma in quello che io posso fare per gli altri; mi rivela che l’imperfezione e la fragilità possono essere delle opportunità, per creare altre qualità di vita; mi fa vedere che anche la vecchiaia è una grande opportunità e ricchezza; mi fa capire che ognuno di noi è un filo, che fa parte di un unico grande arazzo e, se un filo si spezza, si deturpa o si rompe tutto l’arazzo. E mi fa capire che Natale è ricominciare e ripartire per una nuova nascita.
Nicola Schiavone