RIFLESSIONE MERCOLEDÌ DELLE CENERI

Omelia

  1. Desidero riproporvi per la riflessione la preghiera che abbiamo pregato all’inizio di questa celebrazione Eucaristica, dice così: O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male. Per il nostro Signore.
  2. Si chiama preghiera di “Colletta” perché essa fa sintesi di tutte le nostre intenzioni di preghiera in questa celebrazione: Colletta perché “raccoglie le nostre preghiere”.  Ciascuno di voi partecipa alla preghiera con il proprio “Amen”.
  3. La preghiera che ci viene offerta in questa celebrazione di inizio quaresima in poche parole illustra il nostro  percorso quaresimale. L’immagine che viene usata per parlarci del percorso quaresimale è una immagine   ancor più forte in questi tempi, poiché si tratta di una immagine “bellica”, ma qui si tratta di una battaglia spirituale, interiore (anche se si parla però di ami, combattimento…)
  4. Perché la Chiesa ha avvertito l’esigenza di questa metafora così forte e per noi in questo tempo anche dissonante?  Qui c’è in sottofondo il testo di Efesini 6,10-17, in cui Paolo svolge diffusamente questa medesima immagine, parlando della battaglia contro il mondo della tenebra, aiutati dall’armatura di Dio, con la cinta della verità, la corazza della giustizia, i calzari dello zelo, lo scudo della fede, l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito. Leggo il testo di Efesini: 11 Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo (…)  13 Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. 14 State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, 15 e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. 16 Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; 17 prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio”.
  5. Ora, fra le “armi” che vengono proposte al cristiano proprio nella preghiera di Colletta, vi è quello del vero digiuno… Questa pratica ascetica e penitenziale fa parte delle armi offerte in aiuto nel combattimento contro lo spirito del male. Non, dunque, un cammino di perfezione personale, ma una risposta personale e comunitaria contro l’esperienza del male che sempre ci colpisce e isola.
  6. Il tempo della Quaresima si offre davanti come un’occasione impegnativa di conversione. Nella orazione di colletta che su cui stiamo riflettendo, utilizzando l’immagine “ bellica”, terribile e forte, c’è però anche la non meno drammatica realtà del male che ognuno di noi può sperimentare. Immaginiamo dunque la preghiera, il digiuno e l’elemosina come le armi principali da ricevere come indispensabile e comune aiuto per affrontare una lotta interiore.
  7. Quando si dice “ preghiamo “ e tutta l’assemblea fa silenzio, in  quel momento siamo invitati  a richiamare in cuore le battaglie personali, comunitarie e epocali nelle quali sentiamo l’urgenza dell’aiuto del Signore e percepiamo l’opportunità desiderabile di questo tempo di penitenza.
  8. Come vivere questo cammino di conversione? Il cuore nella tradizione biblica è la sede delle scelte, luogo della discretio, del discernimento di pensieri e sentimenti. Ritornare al Signore con tutto il cuore vuol dire verificare la qualità della nostra relazione con Dio in pensieri e sentimenti; riconoscere l’orientamento del nostro cuore che come un navigatore ci indica il percorso da fare. Il Signore ci chiede di vivere un amore sincero, reale, concreto e quindi di verificare le intenzioni con cui agiamo.
  9. Tutto parte dal riconoscere le nostre luci e ombre, le nostre qualità e potenzialità e i nostri peccati, le nostre fragilità. Dopo aver riconosciuto ciò che ci rende schiavi, che non ci permette di vivere autenticamente la nostra vita come persone libere nei nostri affetti e nelle nostre azioni, allora sarà possibile intraprendere un esodo di liberazione facendoci guidare dalla Parola di Dio.
  10. Il segno delle ceneri richiama la prassi antica del popolo d’Israele che usava la cenere ed il cilicio/sacco come forma penitenziale per mortificare la propria carne, la propria superbia ed l’orgoglio. Il Vangelo di Matteo, nel contesto del grande discorso della montagna, ci offre tre suggerimenti di forme penitenziali con le quali il credente è invitato a convertirsi: l’elemosina, la preghiera e il digiuno.
  11. L’attenzione ai poveri con la carità concreta è la prima forma per espiare i peccati, come ricorda Tb 12,9: «L’elemosina salva dalla morte e purifica da ogni peccato. Coloro che fanno l’elemosina godranno lunga vita». Uno dei termini più usati per esprimere questo gesto di carità è “giustizia”. È un’opera che rende giustizia al povero e rende giusto chi la pratica, attivando un processo virtuoso di liberazione dal possedere in maniera disarmonica.
    1. Una seconda pratica è il pregare,  si tratta molto di più che pronunciare  preghiere o formule ben definite. Si tratta di uno stare al cospetto di Dio per riconoscere in lui il Signore della vita a cui si consegna tutto. La preghiera fatta in segreto non esclude quella comunitaria e pubblica, ma è il modo attraverso il quale si riconosce la signoria di Dio nella nostra vita: lui è il vero regista.
  12. La terza pratica è il digiuno. Non si tratta di una dieta, ma di un distacco interiore da ciò che è necessario, in primis il cibo, ma potrebbe essere anche altro. La sapienza antica prevedeva nel digiuno un riequilibrio interiore dalle passioni che deturpano l’animo umano, aiutando ad andare all’essenziale. State attenti, ci chiede Il Signore nel Vangelo,  non solo di praticare queste opere, ma di compierle con riserbo, senza ostentazione. «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 6,1).
    1. È questa la chiave di lettura dello stile che Gesù vuole da noi nel compiere tali pie pratiche. Non ostentare, non dimostrare per ottenere ammirazione, ma vivere una relazione intima, segreta con Dio, senza attendere il riconoscimento ufficiale da parte degli altri. L’unica ricompensa da attendere è quella del Padre, che vede nel segreto. Anche la preghiera può essere una “maschera”, un apparire, mentre il Signore chiede di entrare nella stanza, cioè nel luogo più intimo e segreto della casa. Anche il digiuno va vissuto con uno stile di sobrietà e riserbo, senza voler dimostrare nulla, ma come esperienza intima di purificazione.
  13. L’insistenza del  Signore sulle intenzioni con cui compiamo queste pratiche ci offre l’occasione per interrogarci sul nostro stile, e sulla tentazione di agire per essere considerati e non come dinamiche di conversione e santificazione, per la maggior gloria di Dio.  Dobbiamo vigilare sulle nostre azioni e domandarci se le compiamo secondo Dio oppure no.

+Roberto Carboni arcivescovo