Più vivo nel mondo della scuola da insegnante, più mi rendo conto di quanto l’aspetto relazionale sia fondamentale; vale nel rapporto tra gli studenti, tra questi e i docenti, tra quest’ultimi, e con le famiglie. Non lo impariamo all’università e neanche nelle scuole di specializzazione, forse ogni tanto ci sono dei corsi di formazione ad affrontarlo, sempre limitati nel numero, a volte poco seguiti. Non solo lo sappiamo, ma lo abbiamo anche provato nella nostra carriera di alunni: io posso dire che a causa di alcuni miei prof potevo diventare un disadattato, mentre grazie ad altri sono stato “salvato”! Qualcuno affermerà che è così in qualunque contesto lavorativo ed è vero; tuttavia, non tutti i contesti sono uguali, quindi in quelli educativi e formativi la capacità di costruire sane relazioni e saperle gestire con equilibrio è fondamentale.
Cosa vogliamo? Una scuola fredda, priva di incontri e di sguardi, che metta al bando la crescita globale della persona e i sentimenti, che non consideri il “tu per tu” e neanche le dinamiche di classe, l’accompagnamento personale e la performance del gruppo, il diletto e la pazienza del convivere 200 giorni e condividere gioie e dolori? Sono tutti punti deboli, perché senza un principio, un sistema, un metodo, un progetto educativo pensato, sognato, scelto, condiviso, non ci sarà una “vera scuola”!
Sono punti dolenti, poiché non contemplano dentro la vita, l’amicizia, la passione educativa, le domande di senso, l’ascolto delle domande e il chi le possa suscitare, il tempo dedicato reciprocamente, la ricerca di qualcosa di grande per la vita, le esigenze di cambiamento degli studenti, la creatività del docente; tutte cose che costituiscono una “bella scuola”!
Per essere “buona” è necessario allora che la scuola sia anche “vera” e “bella dentro”, che sia un luogo – come hanno scritto un gruppo di liceali catanesi in una lettera aperta – «capace di accendere i ragazzi, di sostenere il loro cammino, di mantenere un orizzonte aperto a tutte le dimensioni del reale». La scuola cammina ogni giorno grazie all’intesa di tutti ed è efficace quando ciascuno fa la propria parte, soprattutto nel momento in cui gli adulti della situazione, insieme, crediamo in un ambiente educativo e formativo dove è piacevole passare così tanto tempo; in cui ci si confronta sulle debolezze non come in un tribunale o in un talk show, bensì come in una vera famiglia che sa di non essere perfetta ma tende a migliorarsi per il bene maggiore che sono i figli. Essi portano ogni giorno nuove domande: l’impegno è sempre di rispondere a tutte le questioni e, dove necessario, riprendere e approfondire in un altro momento. Alcune spesso toccano temi dell’adolescenza, sul senso della vita, su qualcosa che riguarda gli studenti personalmente, ma che in quell’occasione desiderano condividere o generalizzare, come quando cominciano col dire “ad una mia amica è successo questo…” oppure “se una persona si trova in una certa situazione…”; è chiaro che si riferiscono ad altri ma parlano di sé. Qualcuno potrà pensare che è un modo per perdere tempo, per rubarlo alla lezione – fossero pure quei cinque o dieci minuti – eppure è una grande opportunità educativa fatta di confronto, di formazione, di studio, non poche volte arricchita da riferimenti letterari.
Sono tanti gli anni di studio, ore e ore di applicazione in aula e a casa per chi si impegna davvero, tanto da non poter trascurare l’impatto con la socialità e la felicità degli adolescenti. Sono in gioco le relazioni e lo star bene, non valutazioni e voti, soprattutto come oggi dentro la scuola e con lo studio a casa realizzano sé stessi e costruiscono ciò che sono chiamati ad essere grazie a educatori adulti significativi.
In queste ore ricomincia questa sorta di danza al suono della prima campanella!
Marco Pappalardo